LA VOCE  DI NUORO

 

Franceschino e Sandro Satta

 

 “Ma cosa vuoi che ti dica della Poesia? Cosa vuoi che ti dica di queste nubi, di questo cielo? Guardare, guardare, guardarlo e nient’altro. Capirai che un poeta non può dir nulla sulla Poesia. Lasciamolo pure dire  ai critici e ai professori. Ma né tu, né io, né alcun altro poeta sa cos’è la Poesia. Sta qui: guarda. Ho il fuoco nelle mie mani. Lo sento e lavoro con lui perfettamente, ma non posso parlare di lui senza letteratura”. Nel rileggere, oggi, questo pensiero di Federico Garcia Lorca, non posso non pensare a ciò che rispose, un giorno, il poeta nuorese Franceschino Satta – recentemente scomparso - a chi gli domandava che cosa fosse la poesia : “La poesia non va definita, né spiegata.Può essere definito o spiegato un abbraccio, un risveglio,una tenerezza senza togliere qualcosa a quell’abbraccio, a quel risveglio, a quella tenerezza?”.

La Poesia…stupenda e “terribile” compagna per Franceschino Satta. La conosceva e l’amava da sempre, ma a lei si dedicò totalmente solo dopo i sessant’anni, dopo che i figli- ben sei – impararono a camminare da soli nella vita. E allora l’amò di un amore indiscusso . Quante volte , nel vederlo assorto, a chi gli domandava a che cosa pensasse lui rispondeva serio: “Sto cercando di “entrare” in una poesia.Non è facile, a volte  sfugge. Devo andare a cercarla…”.

E spesso , dopo averla trovata,  la ritrovava con indosso le note e la voce di Piero Marras, del Coro Ortobene di Alessandro Catte, de “Su nugoresu” di Tonino Puddu, del Coro Barbagia, dei Raimi …Tutti i cori di Nuoro hanno cantato i suoi versi. E tutti  hanno amato il poeta e l’uomo , e ognuno di loro ha pianto lacrime vere il 25 luglio , giorno del suo volo “in sas campuras de su chelu”.

Con l’attore Giovanni Carroni  e la sua “Bocheteatro”visse, per vari anni, la sua prima – e unica –esperienza  teatrale : voce recitante all’interno di uno spettacolo - “Cantos de amistade”- che sapeva di magia.Fu un’esperienza che lo arricchì moltissimo dal punto di vista umano e culturale, perché dal rapporto con la gente  traeva la linfa necessaria per continuare a dire in versi.

I suoi versi…sono loro a parlare di lui. E ha scritto e parlato di tutto… perché ha cantato la vita.

E l’ ha fatto in maniera straordinaria , dando ora “un’accasazzu” ora “unu cazzottu”,con la coscienza tranquilla e l’intelligenza inquieta… così come solo i grandi poeti sanno a fare.

Nella sua vita ha dovuto trascinare croci pesanti come macigni, ma non si è mai piegato o arreso, né mai ha pensato che Dio l’avesse abbandonato.Quel Dio che è sempre presente nella sua poesia, quel Dio “amicu, babbu e frade”. Quel “Babbu nostru” che, cantato magistralmente dal Coro Ortobene, pare ascoltare assorto e compiaciuto, attraverso il riuscito sodalizio di musica e parole, l’inno alla Sua gloria.

Ed anche quando, ultimamente,la sofferenza – immane - per la perdita del figlio Paolo ha fermato il suo passo già incerto,testardamente ha continuato a cantare il Cielo e il suo “prantu cubau”. E le sue lacrime nascoste hanno sempre dato origine  a  versi unici e stupendi: “Intro ’e s’anima mea b’hat sempre bulluzzu tintu ’e arrenneghu e di milli gheleas”, scrive rivolgendosi al figlio perduto ,  ma poi aggiunge “sa pratta s’e s’anima es sempre ligada a sos pintos de su coro chi iffroscan suzzos de meravizas tra glorias e sonnios de pache bera”.

Conosceva la grammatica italiana e sarda come pochi :da questo punto di vista era un perfezionista e vari insegnanti ,dalla sue poesie  sono partiti per addentrarsi nei meandri di una lingua non facile da scrivere, da insegnare e da far amare.

Nuoro e la Sardegna tutta  devono molto a questo figlio, a questo padre-poeta capace di stupire e di stupirsi…sempre.

                                                                             T.R.  

 

Franceschino Satta ,visto da Cristina

(Clicca per ingrandire)

 

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(Da "La nuova Sardegna" del 6 giugno 2006)

Una guida per il giorno del giudizio

 

Il Comune ha realizzato un tascabile sui sepolcri dei cittadini illustri

 

di Antonio Bassu

 

NUORO. Il Comune ha realizzato, per facilitare la visita al cimitero di Sa ’e Manca, una guida tascabile curata dal giovane Mariano Lutzu, attraverso la quale è possibile conoscere l’arte funeraria cittadina.

La pubblicazione ripercorre i luoghi di Salvatore Satta, dai quali emergono, insieme ad alcuni uomini illustri nuoresi, i personaggi del "Giorno del giudizio".

" E’ un gesto doveroso nei confronti di tutta la comunità, che ci mette in linea con iniziative simili, che ormai si stanno attuando nel resto dell’Europa - ha detto il sindaco Mario Zidda - . I cimiteri sono , per antonomasia, luoghi e spazi della memoria, di una memoria personale, poiché vi sono sepolti i nostri cari , e collettiva allo stesso tempo, dove ogni cultura nel corso degli anni ha definito una propria modalità di sepoltura. Attraverso ciò si possono comprendere simboli, rappresentazioni, allegorie di ogni specifica tradizione culturale.".

(omissis)

La guida contiene anche un interessante e puntuale cenno storico sulle aree cimiteriali nuoresi dal XVII al XX secolo, insieme a brevi biografie di Antonio e Benedetto Ballero, Dino Giacobbe, Canonico Ciriaco Pala, Raffaele Calamida, Gicinto Satta, Salvatore Cambosu, Luigi Oggiano, Sebastiano Satta, Mariangela Maccioni, Raffaele Marchi, Gina Maconi, Romano Ruju, Giovanni Ciusa Romagna, Salvatore Mannironi, Franceschino Satta, Pietro Martino, Gonario Pinna, Francesco Giuseppe Congiu Pes.

(omissis)

"Il lavoro di Mariano Lutzu- ha detto l’Assessore ai Servizi Sociali Graziano Pintori – è l’illustrazione di un museo all’aperto, di cui vengono presentati i monumenti e alcuni personaggi tra i più importanti della storia cittadina, del vissuto dell’intera comunità, che in Sa ’e Manca hanno trovato l’estrema dimora. Nel seguire questo percorso ci si immerge in un grande giardino sempre fiorito, dove i petali sono i ricordi e il senso del dolore e della morte non si sostituiscono allo stupore della vita.".

(omissis)

 

 

Enas 02/ 08/ 2001

 

Cara Rosalba,

questa mia lettera costituisce le scuse per la mia assenza e il mio silenzio in occasione della dolorosa scomparsa di tuo fratello prima e di tuo padre ora, e per spiegartene le ragioni. Ho saputo della morte di tuo fratello solo dopo alcuni mesi leggendo su "S’Ischiglia" le vostre due elegie ( quella di Franceschino e quella tua) dedicate alla scomparsa del vostro caro congiunto. Della morte di tuo padre sono venuto a conoscenza leggendo la notizia pubblicata sulla Nuova Sardegna del 27 luglio da Giuliano Marongiu assieme alla poesia "Ispadas de sole". Non ho però saputo la causa della loro morte : quando rientrerai e sarai più serena ti telefonerò per raccontarmi tutto.

Sono profondamente addolorato per la scomparsa di persone così care non solo ai propri congiunti ma a quanti li hanno conosciuti e cordialmente stimati. Con Franceschino eravamo legati da un’amicizia profonda e sincera, dalla comune passione per quel genere di poesia che nasce dai puri sentimenti dell’anima , dall’appartenenza alla medesima generazione

( eravamo quasi coetanei : lui del diciannove , io del ventitrè), eravamo inoltre affetti dalla stessa patologia : il diabete. Credimi, se ne fossi venuto a conoscenza tempestivamente, avrei fatto di tutto per essere presente.

Mi sono permesso di allegare alla presente la riduzione in gallurese con traduzione in italiano della lirica "Ispadas de sole" che tu potrai tenere per te o far pubblicare dove vorrai, preferibilmente sulla rivista "L’Ortobene" , quale testimonianza d’ammirazione e d’affetto da parte mia.

Vi abbraccio tutti unendomi al vostro dolore e spero che troviate la serenità necessaria per superare drammi così dlorosi.

Con tutto l’affetto

Giacomo Murrighili

 

 

Franceschino Satta e i suoi alunni

 

RICORDANDO FRANCESCHINO SATTA

Riduzione, parzialmente in chiave antitetica, in vernacolo gallurese, della sua poesia "Ispadas de sole"

 

Ispadi di soli*

 

Illi sprandidi punti di l’anima

allattati d’amori

cantani ammenti di luci

vivendi

vicendi di buntài.

So guttigghj di balzamu

chi indulcini lu spiritu.

Li to’ occhj vivaci

hani soltantu aspettu d’attraenza

anghjuli siculari

in tarrenu facundu

produttivu.

So raggi di dilizia

chi cunsolani lu spiritu.

Li campi luminosi di la ’ita

fatti di sileni cantichi d’amori

so chì

in drentu a lu to’ cori

e tu massaju di cilévri

imbulendici

illi pelchj funguti di lu smenticu,

la lua ch’avilena l’anima

voi vincì,

ghirrendi cun ispadi di soli.

Li grani di lu cori

no’ bòttani

in lammagghj di malizia.

Candu la luci di l’anima

si spagli in arii dulci di celi

tandu la tarra è cussogghia

di maraigli.

 

Giacomo Murrighili

 

*La prima parte del testo originale in nuorese sottolinea la cattiveria di molte persone che come "frizzas de benenu brusian s’ispiritu" dell’autore. La versione gallurese rovescia il senso di questa prima parte e la intona ai nobili sentimenti del poeta nuorese e quindi a questa sua grandiosa lirica. Prosegue in sintonia con il resto dei suoi versi "fattos de selenos canticos d’amore".

 

 

Zio Luigi , zia Mariantonia e Franceschino Satta

 

IL DEGNO EREDE DI MONTANARU

 

DI

GIUSEPPE SUSINI

 

C’E’ L’ANIMA DEL LOGUDORO NEI "CANTOS DE AMISTADE" DEL POETA FRANCESCHINO SATTA

 

A pubblicare in volume le sue poesie - anche quelle scritte in giovanissima età e di cui ebbe a conoscenza ,tra i primi ,Montanaru - Franceschino Satta, nuorese puro sangue , non ha avuto fretta. Lo ha fatto nel luglio 1983, all’età di 64 anni , ed è un caso ben raro nel campo della letteratura.

E’ vero che - lungo tanti anni - esortato da amici , ha partecipato a diversi concorsi di poesia in dialetto e ne ha vinti molti ; ma il suo primo volume , come detto prima , è uscito solo nel 1983 , col bello e significativo titolo "Cantos de amistade" , nelle edizioni della Cooperativa Grafica Nuorese, tipograficamente ben curato, con una breve prefazione di Paolo Pillonca e con disegni, copertina e impaginazione di Salvatore Pirisi.

Il volume ha vinto il premio di poesia in vernacolo Ozieri 1983.

Questo volume di Franceschino Satta ci fa risentire, coi suoi molti accenti di poesia, la musica del logudorese, fervida e dolce allo stesso tempo, e che il Satta ha trattato ed elaborato come una vera lingua, con un purismo da Antonio Cesari del logudorese.

Franceschino Satta – il titolo del libro lo lascia già intuire - è il poeta degli affetti familiari sentiti religiosamente, dell’amicizia, dell’amore per la natura come creazione divina, della solidarietà umana. Tutto ciò presuppone una squisita sensibilità di cuore, una ricchezza di sentimenti, una valutazione cristiana della vita, dai quali elementi nascono le sue migliori poesie.Il volume si apre con un sonetto alla madre morta.

"A mama". Nonostante l’ impegno della costruzione metrica e della rima, il sonetto fluisce con dolcezza, con un delicato e affettuoso ricordo materno.

L’ amore per la sua ragazza, come pure, in seguito, l’amore per la moglie Vincenza ed i suoi figli - con le tragiche vicende della morte di alcuni di essi - muove con buon armonia di ritmi e di parole la poesia del Satta.

Una grande sventura ha colpito il poeta : è morto un suo figliolo, ed è nata una poesia-prefica : "A un’anghelu" : nove quartine in prevalenza settenari, rapidi, desolati, con la triste illusione che il figlio sia addormentato.

Poteva un poeta sensibile come Franceschino Satta non subire il fascino della luna e degli incantati paesaggi notturni ? Nessun vero poeta vi si è sottratto. Sono i momenti in cui la stanchezza fisica e morale dell’ essere umano, nella serenità e dolcezza dell’ora, richiama alla memoria e al cuore gli affanni e le bellezze della vita, e su questi moti dell’animo , il poeta canta , e la sua poesia lo sospinge di più in braccio alla vita.

Fra i vari componimenti ispirati alla luna , scelgo "Luna cara istimada" , dove appare con tristezza il raffronto tra la luna che non invecchia e resta sempre l’astro leggiadro de nostri sogni, e l’anziano poeta che, verso il tramonto dell’ esistenza , ha solo qualche speranza. Qui, come in altre poesie, il Satta ha lasciato la metrica e la rima tradizionali per scrivere in versi sciolti, sempre però col piacevole ritmo poetico senza il quale non nasce poesia.Fra le poesie più piacevoli, mi piace segnalare "Su cantu ’e s’adiosu" ("Il canto dell’ addio"), "Sos doichi frades" ("I dodici fratelli"), dedicata ai dodici mesi dell’anno, dei quali sono colti con leggiadra eleganza i caratteri, i vantaggi ed i malanni; "Forzis cras" ("Forse domani"), nella quale il Satta si conferma poeta dei sentimenti, forti e limpidi per una visione sacra della vita e per una coscienza morale di assoluta purezza; "It’est sa poesia", immancabile interrogativo di ogni poeta, e "Perelas d’incantu" ("Perle d’incanto"), quasi tutta poetica, perché il Satta si esprime con una voce dolcissima, serena, in versi d’una meravigliosa semplicità.

Insomma, se il Satta ha aspettato tanto a pubblicare il suo primo volume di versi, il molto tempo trascorso ha giovato alla sua poesia.

Mi pare di poter dire che dopo Montanaru, la più interessante voce poetica in dialetto sardo, è oggi quella di Franceschio Satta, il quale è dunque il degno erede di Montanaru.

(da "ESSE SARDEGNA" 1 gennaio 1989)

 

 

QUANDO MUSICA E POESIA SI INCONTRANO

 

I RAIMI CANTANO

I VERSI DI FRANCESCHINO SATTA

 

 

Recentemente ha visto la luce la terza fatica musicale dei Raimi, "Razza barbaricina".

Ascoltarla significa perdersi e ritrovarsi in un mare di musica e di colori, nel senso che il prodotto è un’armonica fusione di suoni, timbri e ritmi che vanno oltre l’orizzonte regionale per attingere in altri e più lontani lidi, mescolarsi, confondersi, morire e risorgere con radici più gonfie di linfa e, perciò, di vita.

Solo alla musica è concesso il librarsi senza ali.

Solo la musica è capace di parlare, senza traduzioni, il linguaggio universale : quello che crea legami, sensazioni , emozioni , sfumature, relazioni.

Nella musica dei Raimi, poi, ha spazio il ricordo, la ricerca, l’incontro, la fusione. E in un mondo che pare invaso dal rumore, dal chiasso , dal nulla isterico dell’improvvisazione…di musica vera, che crei comunicazione, abbiamo tutti necessità.

Ascoltare "Razza barbaricina" significa non solo bere acqua pura di sorgente, ma rivisitare e riscoprire un mondo dove i confini sono solo linee immaginarie, e dove , ad aver diritto di cittadinanza è l’ uomo.

Musica globale, dunque. E’ quanto afferma Mario Usai – sax-soprano dei Raimi – che, intervistato a Radio Barbagia, alla domanda "Perché consiglierebbe l’acquisto di questo CD?", così risponde : "Perché è un lavoro che, pur rispettando le tradizioni musicali e letterarie della Sardegna , va oltre le barriere dei generi e dei confini per diventare musica globale".

Il CD comprende dieci brani i lingua sarda.

Il primo, "Razza barbaricina"- che dà il titolo al CD – è del poeta desulese Antioco Casula, noto Montanaru. Il brano opera non solo un collegamento col nastro precedente "Arreschende"- tutto in lingua sarda – ma consente quello che, Franco Persico- chitarra e charango dei Raimi – definisce un passaggio di consegne : da Montanaru a Satta, che viene giustamente considerato l’erede naturale di Montanaru. Del poeta nuorese Franceschino Satta sono infatti i testi delle altre nove canzoni. E poiché la Sua poesia è già musica…unendo musica a musica, non è stato difficile, per i Raimi , dar vita a quella che Ignazio Delogu definisce "un’operazione sapiente e gioiosa.Un CD estremamente gradevole, ricco di suggestioni e richiami".

R.Satta Ceriale

(da "L’Ortobene)

 

"Franceschino Satta visto da Roberto"

 

Concerto. Il nuovo Cd del gruppo Raimy

DIVENTA MUSICA LA POESIA DI SATTA

di

Graziella Monni

 

Quando la poesia diventa musica conquista anche i giovani.Il gruppo nuorese dei "Raimy" ha festeggiato il Natale con un nuovo Cd, presentato qualche giorno fa nell’auditorium della Media n. 4 a un pubblico numeroso e attento. "Razza barbaricina" è il titolo dell’ultima fatica dei Raimy che hanno intrapreso una strada davvero insolita. Tutti i brani del Cd ( tranne "Razza barbaricina" di Montanaru) sono tratti dai versi del poeta nuorese Franzischinu Satta. E non c’è alcun dubbio . i giovani ne sono rimasti entusiasti. "Vogliamo ritornare alle nostre tradizioni più vere", hanno spiegato i componenti del gruppo. Buona musica con influssi latini e ricerche di suoni antichi per valorizzare i versi di Satta : un connubio che si è rivelato vincente. I componenti del complesso musicale ( Franco Persico alla chitarra, Mauro Usai al saxofono, Corrado Congeddu al flauto e fiati, Franco Mameli alle percussioni e voce solista, Adriano Orrù al contabbasso) hanno dato il meglio di sé. Il poeta , sul palco, prima del brano cantato, declamava i suoi versi, che subito dopo venivano "vestiti" di suoni. Gli applausi non sono mancati per i Raimy, che sono riusciti subito a conquistare il pubblico. Anche Franzischinu Satta ha avvertito l’affetto e la stima di chi lo applaudiva. Seduto a un tavolino, a un lato del palco, leggeva le poesie tenendo fra le mani i suoi fogli. Un preludio alla canzone che seguiva, con una voce decisa e forte a dispetto degli anni. Colpiva soprattutto il silenzio attento dei giovanissimi e gli applausi che segnavano la fine della poesia. Se la serata era tutta per i Raimy, anche ziu Franzischinu ha avuto il suo momento di gloria. . E gloria è stata anche "pro sa limba nugoresa". . "Nel Cd abbiamo voluto che l’autore leggesse due poesie per conservare la sua voce", hanno spiegato i Raimy prima del concerto. Il Cd è stato interamente autoprodotto dal gruppo nuorese. Come tante altre band cittadine, i Raimy meriterebbero perciò maggiori fortuna e più attenzioni dalle isituzioni dal pubblico.

( da "L’Unione Sarda" del 28 dicembre 1996)

 

 

VERSI DI FRANCESCHINO SATTA  E MUSICA DEI RAIMI

di

IGNAZIO DELOGU

 

Se c’è una poesia che non può essere nata altrove, immediatamente riconoscibile e, quindi, nuorese per diritto proprio, è quella di Franceschino Satta . Nuorese, barbaricina non solo in virtù della lingua – che pochi tuttavia conoscono e usano con maggiore sapienza – ma per ritmi e registri, che sottendono una coralità ,che è garanzia di appartenenza - mai tradita - alla comunità, nella quale il poeta è nato e ha vissuto una ormai lunga e non sempre facile stagione.Proprio per essere così inseparabile dal suo contesto, la poesia di Franceschino Satta ha tutte le carte in regola per proporsi come un messaggio più universalmente umano. Poesia più che intimista, riflessiva, come vuole il carattere della nostra gente, che dalle muse pretende molto spesso sostegno e consolazione; frutto dell’osservazione e della partecipazione alla vicenda della natura e degli uomini; espressione di sentimenti e di affetti che l’esperienza, "su tempus", e le immancabili asprezze della vita non hanno appannato, consentendo all’ ottimismo e alla speranza di prevalere sullo scetticismo e sull’ indifferenza. Non sorprende, pertanto , che un complesso come i "Raimi", aperto a tutte le suggestioni - che l’inesauribile circolazione letteraria e musicale ha fatto arrivare fino a loro, a Nuoro e in Barbagia - abbia scelto proprio questa poesia, così schietta e , a volte aspra , per mettere a confronto la "costante barbaricina"- poetica e musicale insieme- con la più ricca e spesso sofisticata varietà di suoni, timbri e ritmi proveniente dai quattro punti cardinali. Il risultato è un CD estremamente gradevole, festoso, ricco di suggestioni e di richiami, che esalta al massimo le caratteristiche dei tanti strumenti usati e la straordinaria perizia degli esecutori. A garantire che l’operazione non si perda in un piacevole ma futile gioco cosmopolita è, insieme alla eccezionale tenuta ed evidenza del sostrato musicale e ritmico sardo, la bellezza e l’autenticità della lingua resa ancor più evidente dal canto. Un’ operazione, dunque, questa del gruppo "Raimi", sapiente e gioiosa, aperta al nuovo e al diverso, ma nello stesso tempo rispettosa della tradizione e dell’ identità , come vorremmo sempre che fosse - accanto a quella giustamente ereditata dai Padri - la musica nuova della nostra terra.

(Dal CD dei Raimi "Razza barbaricina")

 

 

Le tradizioni popolari e la poesia di Franceschino Satta nel nuovo album dei nuoresi Raimi

 

Suoni e poesie di “Razza barbaricina”.

 

di

Alfredo Murtula

 

Dei nuoresi Raimi colpisce subito la limpidezza di suono e pensiero. 

Suoni e pensieri intrisi  di una Sardegna che, fiera delle proprie tradizioni, si rinnova. Senza scossoni e, soprattutto, senza contraddizioni.

Per intenderci, ai Raimi , cinque ragazzi di differenti estrazioni misicali , piacciono le sonorità acustiche, latino-americane, come quelle classiche.

Queste preferenze si innestano nel tessuto melodico, ma soprattutto ritmico dei brani. Evviva quindi addizioni tipo flauti andini  più scacciapensieri, più chitarra classica, più canto sardo ( ascoltate il brano “A Massimo Pittau”).

Il risultato è gradevole  e (evviva!) originale. Anzi, rispetto al passato , al loro precedente “Arbeschende” (1994), i Raimi paiono più smaliziati e creativi . 

Lo spettro sonoro si è allargato , così come le influenze del Mediterraneo hanno ormai circondato le aspirazioni celtiche (interessante “Pasca  ’e Nadale”).

La maturità di Mario Usai, Franco Persico, Corrado Congeddu , Antonio Orrrù e Franco Mameli la si nota anche da piccoli particolari.

Ad esempio un brano strumentale come “Maria Pettena” :  con quel suo andamento giocoso, ironico e lassista potrebbe costituire comodamente  la colonna sonora per un film del nuovo cinema italiano…

Chiaro che la Sardegna sia il nocciolo, il fulcro del disco.  Le radici , rispetto al passato, emergono stavolta più negli intrecci vocali che nelle parti strumentali.

Non bisogna al contempo trascurare il fatto  che le liriche siano in realtà delle poesie del nuorese Franceschino Satta. Il poeta è presente anche “fisicamente” nel disco, visto che  introduce il fascinoso “Lampadas”.

Satta legge in maniera particolare la vita sarda. Un’esistenza tra amore e invidia, giochi e fantasie di bimbi e la realtà (spesso cruda e dura) del mondo degli adulti .  Un disco interessante che meriterebbe una giusta attenzione al di là del mercato isolano.

(da “La Nuova Sardegna”  7 febbraio 1997)

 

 

 

FRANCESCHINO SATTA , POETA.

 di

 ELISA NIVOLA

 

 

Franceschino Satta era un poeta di costituzione non formale; la sua poesia ha una matrice fortemente emozionale, con prevalenze iconiche e metaforiche piuttosto che letterarie. In questa caratterizzazione la sua poesia esprime e alimenta il substrato della cultura sarda, autoctona e "barbaricina", distante dalle formule e dagli stereotipi dell’Arcadia letteraria e dei suoi manierati "classicismi". Per queste caratteristiche Franceschino Satta è stato un poeta innovativo e contemporaneo, ed ha contribuito a rimuovere le ingenuità della poesia sarda ottocentesca, a rendere più immediata, semplice ed efficace l’immagine e la parola poetica.

Questi modi nascevano dalle emozioni e tensioni di una personalità schietta, vitale , ancorché schiva di manifestazioni mondane, e da una grande curiosità intellettuale.

Ho conosciuto Franceschino Satta in varie occasioni di impegno culturale : alla Biblioteca Satta di Nuoro, coadiuvando la figlia Rosalba ( maestra a Budoni ) nella traduzione e rappresentazione in lingua sarda, da parte degli alunni di una classe elementare , del prologo dell’ opera d Albino Bernardini "Disavventure di un povero soldato". Franceschino stimolava e sosteneva i ragazzi in una comunicazione efficace e gradevole .

In un piccolo teatro di Quartu Sant’Elena venne una volta con l’attore Giovanni Carroni , al quale si alternava nello svolgimento d dialoghi e brani tratti da "Sos laribiancos" di Francesco Masala, e nella dizione di sue rime, sostenuta dalla forte gestualità di Carroni : la voce di Franceschino attraversava le ombre del palco con modulazioni accorate e profonde.

Nell’ agosto di due anni fa, durante un soggiorno di vacanza sul Monte Ortobene, incontrai Franceschino, che stava in una piccola casa, e in una piccola corte , ai bordi del parco fresco e ombroso. Veniva ogni mattina, con passo faticoso , a prelevare la sua copia del quotidiano locale , e si tratteneva a conversare, raccontando la dura malattia e la recente morte precoce di un giovane figlio, ma anche evocando episodi e forme del suo percorso, con limpida nostalgia .

La sera, qualche volta , lo raggiungevo vicino all’abitazione, con giovani suoi amici e parenti, e nella conversazione egli alternava riflessioni e ricordi, raccoglieva domande e suggestioni, esprimeva la forte consonanza con i luoghi e le cose della vita sarda.

Possiamo dire , onorandolo , che egli ha vissuto in modo integro e autentico la vicenda storica, l’appartenenza etnica e l’ identità culturale sarda, con tratti di una personalità aperta e generosa.

( da "Nuoro Oggi" dicembre 2001)

 

 

 

Il coro Ortobene, omaggio a Satta




CAGLIARI. Il coro Ortobene di Nuoro rende omaggio a Franceschino Satta: più passa il tempo e più il ricordo assomiglia ad uno dei suoi ritratti, tracce antiche disegnate con tinte che sanno di leggero e soffiate di poesia. Ha saputo raccontare altri destini, ha raccolto e consegnato alla memoria scorci di un passato nuorese che rivive attraverso i suoi scritti, da poco più di un anno non canta più: si è spento portandosi dentro i sentimenti urlati a bassa voce, con lo stile che aveva caratterizzato le sue composizioni. A lui si devono le atmosfere più fluide dettate da una creatività intrisa di malinconia e sentimento, evocazioni elaborate con sofisticata ricerca di suggestioni antiche.

 (da La Nuova Sardegna del 21/1/03)

 

 


 

Al via «Buonasera Sardegna»
Da oggi ogni martedì su Sardegna Uno il programma di Gianni Medda
 


di Giuliano Marongiu



CAGLIARI. Nel Teatro "Don Bosco" dei Salesiani di Selargius c'è aria nuova: il rosso della scena, i ricami d'oro che riflettono i contorni, il garbo elegante di un trionfo floreale, il riposo dell'attesa prima dell'applauso che cala sul sipario acceso. Le sedie, sotto il palcoscenico, sono ancora vuote di quegli umori che di lì a poco agiteranno entusiasmo e attenzione. Nelle ore che precedono un incontro importante tutto traspira di ansia, di emozione, di "scalette" ripassate a memoria e ritocchi dell'ultimo istante.
Dietro le quinte i componenti dei Gruppi ospiti indossano con cura e fierezza i colori della Sardegna e l'orgoglio di un'appartenenza. Con consumata bravura si ritroveranno nel ballo antico dei popoli, patrimonio di quest'isola nel mare: come quando ci si univa, accaldati da un "sentire" comune, nelle feste lontane e nei rari momenti di socialità e rito. Gianni Medda, produttore del programma, è l'uomo che ha inventato il modo di fare televisione in Sardegna da venticinque anni a questa parte: lo conoscono tutti e ovunque conta amici ai quali rivela racconti e aneddoti attinti dai ricordi cementati nella memoria, storica come un archivio. E' l'archivio di una Sardegna che ha cantato e ballato, con lui, contenitore che ha prodotto e ascoltato poesia, che ha visto sfilare ogni forma espressiva della nostra cultura popolare e non solo. Secoli di tradizione e fede, folklore e spettacolo, sfileranno sul palcoscenico di "Sardegna Uno": da stasera per tutti i martedì alle ore 21.00. Il viaggio nella terra di Sardegna farà tappa in ogni suo angolo. Nello show inaugurale si parte dal ballo e dal canto del Logudoro con l'Associazione Culturale "Ittiri Cannedu", sui ritmi della chitarra di Andrea Urgeghe e l'organetto del re Totore Chessa che accompagnano la voce di Giovannino Marreu. Protagonisti anche i giovanissimi componenti della formazione guidata da Piero Simula, trionfatori del Festival Internazionale riservato ai minori e denominato "Il Fanciullo e il Folklore" tenutosi a Roseto degli Abruzzi lo scorso anno. Il canto tradizionale che sgorga nel Logudoro infiamma migliaia di estimatori disseminati in tutta l'isola e nei tanti luoghi che nel mondo popolano di sardi: sul nostro palco si esibiranno i migliori eredi di Ciccheddu Mannoni di Luogosanto e degli altri grandi interpreti del canto popolare sardo del passato, per perpetuare la "sfida" che da decenni caratterizza le Gare, a colpi di voce e poesia.
Il campidano risponde con il passo della vasta piana e con uno dei suoi Gruppi e centri più rappresentativi, quello della "Città di Assemini": dove i suoni delle campane di San Pietro introducono una volta all'anno la suggestione del ballo nel suo evolversi e trasformarsi. Il viaggio nel percorso della trasmissione fa idealmente tappa in Barbagia, roccaforte delle tradizioni popolari, e a Nuoro, città dei Cori e capitale del Folklore, capace di intonare il suo canto attraverso le voci del Coro Ortobene diretto da Alessandro Catte. Sarà reso omaggio a Franceschino Satta, l'amato poeta nuorese scomparso di recente, capace di tratteggiare affreschi di una Sardegna andata che rivive nei ricordi in bianco e nero e tra le rime dei suoi scritti. Oggi per la prima volta la Banda della Brigata Sassari diretta dal maresciallo Capo musica Andrea Atzeni fa il suo ingresso in uno studio televisivo della Sardegna: l'Inno, "Dimonios", coinvolge e commuove. La regia è affidata a Roberto Demartis. Il programma è a cura di Gianni; Elena e Lilly Medda. Nel cast: Romina Pani, Massimo Pitzalis, Roberto Tangianu, il gruppo di ballo Incantos e la cantante Carla Denule.


 
(da La Nuova Sardegna del 21/1/03)

 

 

Cronaca di Nuoro

Santu Predu , i 50 anni della scuola

Il laboratorio

Una recita di poesie con il tributo a Franzischinu Satta

 

Grande il successo di tutte le manifestazioni allestite per celebrare il cinquantenario della scuola. Ma l’esperimento forse più riuscito è stato quello del Laboratorio di poesia. I bambini delle quinte classi hanno studiato diversi testi, recitandoli poi davanti al pubblico intervenuto nello scorso fine settimana.

I giovanissimi si sono confrontati senza remore con testi italiani e in limba, tributando fra l’altro un sentito omaggio al grande poeta nuorese Franzischinu Satta.

Scomparso nel 2001 a 82 anni, fu per diversi anni insegnante nell’istituto di Santu Pedru.

Nel weekend tutti i visitatori sono stati invitati a partecipare attivamente al laboratorio, componendo versi propri. E così, accanto ai più piccoli, anche gli adulti si sono cimentati con carta e penna, lasciando una traccia tangibile della propria creatività e il ricordo personale degli anni della scuola e di una Nuoro che, per tanti versi, non esiste più.

I versi verranno trascritti e resteranno alla scuola, inseriti in una raccolta curata dagli insegnanti. La raccolta sarà impreziosita dai versi di Paolo Satta e Rosalba Satta Ceriale, figli dell’autore di "Cantos de amistade" e "Ispadas de sole".

 

(f.p.)

(da "La nuova Sardegna" del 21/11/ 2006)

 

 

A un padre poeta

 

Che privilegio

aver vissuto accanto alla poesia!

Che ricchezza infinita

il tuo ricordo

fatto di primavere.

Il tuo volermi bene

ha riempito di favole il mio cielo.

Eri…il  gigante buono.

La mia arsura d’azzurro .

La voglia di sognare.

Eri lo sguardo terso.

L’anelito dell’anima.

La brama d’infinito…

L’amore

-quello vero-

ha il tuo sorriso.

Ed il tuo abbraccio

sorregge

ancora e sempre

il mio cammino

quando l’inganno

sparge il suo veleno.

Il tuo ricordo

è tutta una poesia 

…e la Poesia

-tua compagna fedele di una vita-

intinge le sue ali

nel tuo cuore…

 

 (Tua figlia Rosalba )

giugno2003

 

Franceschino Satta in compagnia di  Luigi Farina , autore di tre vocabolari in lingua sarda

 

 

L’eredità di Franzischinu Satta

 

“Non possiamo dimenticare”

 

Nuoro. Ricorre domani il primo anniversario della scomparsa di Franceschino Satta, straordinario poeta e interprete della più profonda tradizione culturale nuorese.

La sua morte ha lasciato un grande vuoto in città e in tutta la Sardegna dove i suoi versi erano conosciutissimi e apprezzati.

La malinconia dei suoi versi resta chiusa nel cuore della gente di Barbagia.  Pubblichiamo il ricordo e la testimonianza di Alessandro Catte, direttore del Coro Ortobene e appassionato conoscitore delle tradizioni popolari sarde, che di Satta è stato grande ammiratore.

 

Istanotte bid’hapo in su sonnu su chelu luchente

de bramas d’affettu, comente sa luche ’e su coro.

Bid’hapo pizzinnos jocande in guruttos

e in prattas de sole.

E a zaja, in sa janna, a murmuttu,

filande iscarpittas de lana.

 

La poesia racchiude forti emozioni.

Talvolta narra di uomini, racconta di storie, ricorda particolari avvenimenti.

In poche righe deve trasmettere quello che un film comunica in due ore, una canzone in quattro minuti, un quadro in pochi attimi.

 

E a mama, galena, cosinde corittos,

chin filos de brama.

Bid’hapo pasteras, fuintanas,

puzones a pore,

 in ramos de mendula in frore;

e isposas cantande in su ribu.

 

Leggendola si ha come l’impressione di vedere delle fotografie. Un cielo ricco di luce con dei bambini che giocano nei vicoli…la nonna che mormora sottovoce , filando delle piccole scarpe di lana…i vecchi che raccontano le prodezze della loro gioventù…gli amici scomparsi.

 

Bid’hapo bezzeddos in foras

cantande de cando,

pizzinnos a zarra, andaban a mura

in fattu ’e sos rubos

paschende in campuras

cabaddos e zubos e sonnios de gloria.

 

Non è facile riconoscere un grande poeta, non è facile riconoscere la grandezza di uno stile di scrittura  che trasmette emozioni con una leggerezza particolare, con una semplicità a volte disarmante…come quella dei bambini…come succede nelle filastrocche.

 

Unu ballu pilican

mesu anticu e mesu nobu

bellu, tundu paret obu

durat finzas su manzanu.

 

E allo stesso tempo scrivere di argomenti tristi che hanno segnato la vita degli uomini di Barbagia, abitanti di una terra scarna, sconvolta da una storia che cambia lentamente.

 

Bid’hapo – l’ammento a memoria –

su mundu pizzinnu

serenu, tranchillu.

Prenande sa brocca de s’aba colada,

bid’hapo cumpanzos corales

chi commo non sunu.

Bid’hapo, ghirande, a s’intrigu, a babbu,

in artu, in su carru,

tra seghedes d’oro

de brassamu tintu

sa cara luchente ’e sudore,

alligru e serenu,

cantande a murmuttu

cantones de pache e d’amore.

 

La poesia racchiude il pensiero, i sentimenti, il mondo del poeta.

Racchiude importanti frammenti di storia.

Quando chi scrive ha inoltre una perfetta padronanza della lingua e di tutte le regole, allora i componimenti diventano una preziosa testimonianza di termini caduti in disuso e di modi di dire dimenticati.

Credo che a distanza di un anno dalla sua morte, i Nuoresi abbiano il dovere d ricordare Franzischinu Satta, umile maestro in pensione e grandissimo poeta.

 

  Alessando Catte

(da “La Nuova Sardegna” del 25 luglio 2002)

 

 

Un anno fa si spegneva la voce di Franzischinu Satta

 

Stanotte bid’hapo in su sonnu su chelu lucente.

Ancora : Bid’hapo pasteras, funtanas; bid’hapo bezzeddos in fora cantande.

Un altro verso: Cantande a murmuttu cantones de pache e d’amore.

Sono passi di poesie di Franzischinu Satta, il poeta dialettale nuorese di cui ricorre l’anniversario della sua morte, che sopraggiunse il 25 luglio 2001.

Versi raccolti, come un florilegio, da Alessandro Catte, direttore del Coro Ortobene, che di Satta è un estimatore e che ha messo in musica sei sue poesie.

Alessandro Catte chiede ai nuoresi che "a un anno dalla morte ricordino Franzischinu Satta, umile maestro elementare in pensione e grandissimo poeta".

E’ un appello da raccogliere, senza tentennamenti, perché la voce di questo poeta, che della sua città ha fatto un culto, non deve cadere nell’oblio.

La produzione poetica di Satta, la sua difesa della lingua sarda e dell’identità dell’isola, hanno trovato riscontro nei libri "Ispadas de sole", "Cantos de amistade" e "Incantos-Su prantu cubau".

Chi scrive ha conosciuto Franzischinu Satta, uomo integro, riflessivo, appassionato della natura, degli uomini della sua terra e del monte Ortobene soprattutto, di cui vagheggiava sino a pochi giorni dalla morte i suggestivi angoli di bosco e i panorami incantati.

Dalla sua casa ne rione storico di San Pietro, percepiva i sussurri del popolo, ne avvertiva le sofferenze, ne amava le tradizioni.

Poeta sincero , dall’ispirazione forte, cantò la semplicità dei sentimenti, il vigore dei valori morali, l’onestà e il coraggio, ma anche la rassegnazione degli abitanti di una Sardegna provata da angustie e dolori e esaltata da bellezze della natura e da nobiltà di uomini.

G.P.

(da "L’Unione Sarda" luglio 2002)

 

 

I poeti non muoiono

 

Ho sempre pensato che i poeti non muoiono.

Ogni qualvolta ripetiamo o leggiamo i loro versi, essi sono tra noi a ricordarci che, seppure è venuta meno la loro presenza fisica, la loro poesia è rimasta, con tutta la carica di pathos che voleva trasmettere.

Il 25 luglio ricorre l’anniversario della morte del poeta nuorese Franceschino Satta, la cui produzione poetica è conosciuta e apprezzata in tutta la Sardegna .

Egli ha concluso la parabola della sua vita terrena, ma i suoi versi continuano ad essere cantati da numerosi cori e a essere recitati in varie manifestazioni teatrali.

Ha sempre partecipato attivamente a vari movimenti culturali, specie in difesa della lingua sarda, sempre in prima linea nelle battaglie civili e sociali fatte per la salvaguardia del nostro idioma, anche quando molti di noi esternavano dubbi sulla possibilità del sardo, lessicalmente povero di vocaboli, nell’esprimere alcuni termini poetici con tutte le sfumature.

Egli ha voluto, con forza e risolutezza, dimostrare il contrario.

E lo ha fatto in modo concreto, scrivendo in lingua sarda le sue sillogi poetiche a dimostrazione di quanto una lingua, se ben conosciuta, ha risorse inaspettate, espressioni bellissime, concentrate in poche parole, entro le quali sta tutto un mondo denso di sensi reconditi, che egli, da vero poeta qual era, ha saputo formulare in versi stupendi.

La sua battaglia in difesa della lingua l’ha sempre portata avanti anche attraverso le pagine de "S’ischiglia" di cui è sempre stato valido animatore.

Per la sua attività poetica ampiamente riconosciuta, ha ricevuto in Sardegna numerosissime attestazioni e riconoscimenti di prestigio attraverso numerosi premi, non ultimo quello d Ozieri.

Era un uomo riflessivo, buon osservatore, e non potrebbe essere altrimenti per un poeta che "dipinge" i suoi versi come un pittore le sue tele. Due attività strettamente legate. Chi è poeta è anche pittore, senza peraltro dover usare il pennello, così come chi è pittore non può non essere poeta nelle sue espressioni figurative.

Franceschino Stta era un barbaricino doc e sempre ha amato e cantato la sua terra così come ha sempre difeso la sua lingua e la sua identità con "ispadas de sole" e con "cantos de amistade", formulando versi armoniosi, vibranti di calore e sentimento , dipinti con i colori della luce e nell’insieme della sintesi compositiva.

Dolores Turchi

(Da "L’Ortobene" agosto 2001)

 

 

Il  mese di luglio, mio padre e Tiziano Terzani

 

di

Rosalba Satta Ceriale

 

 

Il mese di luglio , da alcuni anni , è indissolubilmente legato  al ricordo di mio padre e di Tiziano Terzani.

E’, infatti , nel mese di luglio che ha avuto inizio il loro volo, con l’abbandono del corpo.

Davanti al ricordo di mio padre , le parole paiono perdere significato .

Anche scelte con cura , mai potranno dire quanto sia stato gratificante il mio cammino con lui, quanto la sua presenza abbia colorato la mia vita.

L’essere vissuta accanto ad un padre-poeta , l’ho sempre considerato un privilegio.

Il regalo di una sorte benigna. Parafrasando un pensiero di don Milani  posso affermare – senza timore che lassù qualcuno metta il broncio – d’aver amato più mio padre di Dio .

E’ grazie a lui che ho sempre mantenuto  un dialogo con la mia coscienza .

E’ sempre grazie a lui che ho potuto scorgere e poi percorrere le strade della poesia. Passione condivisa… che ha cementato ancora di più il nostro già bellissimo

rapporto .

Il cammino , in sua compagnia , è stato sempre fecondo : ricco di stimoli, di stupore, di grande meraviglia…anche nei momenti di immane sofferenza, perché avevo imparato , osservando la sua vita , a guardare la luna e non il dito che la indica.

Mio padre… ha rivestito la Sardegna dei suoi versi e l’ha sempre fatto “con l’anima tranquilla e la coscienza inquieta”, come solo i grandi poeti sanno fare.

E la Sardegna, sempre generosa con i suoi figli prediletti, ha voluto nominarlo ,

prima , cittadino illustre, e dedicargli poi, -  dopo solo tre mesi dal suo volo -, una via, accanto a quella dove nacque e morì.

Ricordo che tempo addietro, don Floris mi disse  che , molto probabilmente, mio padre aveva avuto qualche rivelazione  che, a suo parere, emergeva, prepotente , dalle sue poesie di carattere religioso.

Io credo , più semplicemente, che mio padre sia stato un Uomo  che ha molto amato.  Che si è sforzato , sempre, di portare fuori la parte migliore di sé… perché di bellezza, di incanti e di rapporti d’amore il mondo aveva necessità.

Ritorna , infatti  spesso, nel suo canto poetico, l’interrogativo  del cosa sarebbe la nostra vita senza amore :

 

It’est? It’est sa bida                               Cos’è? Cos’è la vita

si inintro  ’e coro mancat                         se dentro il cuore manca

cuss’ischinzidda arcana                          quella scintilla misteriosa

ch’illuminat d’amore s’universu?             che illumina d’amore l’universo?

 

It’est? It’est su mundu                           Cos’è? Cos’è  il mondo

si benit a mancare                                 se viene a mancare

s’ispera soberana                                  la primaverile speranza

d’amore che fine?                                  di un amore senza fine?

 

 

…per poi rispondere con i versi di un’altra lirica  -che gli valse l’alloro ad Ozieri –:

 

Sos campos lucorosos de sa bida,                          I campi luminosi della vita

fattos de selenos canticos d’amore,                       fatti di sereni canti d’amore,

sun inoche,                                                          sono qui,

intro  ’e su coro meu,                                            dentro il mio cuore,

e dego, massarju  ’e pistichinzos,                           ed io, contadino d’affanni,

cherjo semenare labores d’affettu,                         voglio seminare grani d’affetto

fulliandeche,                                                         buttando

in sas percas fungudas de s’irmenticu                     nei dirupi profondi dell’oblio

sas lubas ch’abbelenan                                          i veleni che intossicano

sos alentos immortales de s’anima.                        i respiri immortali dell’anima.

Cherjo binchere                                                     Voglio vincere

gherrande chin ispadas de sole…                            lottando con spade di sole…

 

 

L’incontro casuale con Tiziano Terzani – e , purtroppo , solo virtuale – è avvenuto nel 2001.

Altro dono di una sorte benigna!

E’ stato facile incontrarlo nonostante un mondo in subbuglio. E riconoscerlo.

Ricordo lo scambio di e-mail con tenerezza…se penso  che tenne vivo il filo di un discorso imbastito di pace, sapendo d’aver quasi raggiunto quella che soleva definire “la fase della foresta”, il luogo che prelude l’abbandono del corpo.

Tiziano Terzani aveva trovato nel suo andare , prima , NEL mondo e , poi, VERSO il mondo, la chiave dell’interiorità. Ce l’ha mostrata, messa a disposizione.

Usatela, ci ha esortato.

Chi è capace di andare in fondo alla propria umanità non può che diventare  un costruttore di pace. Dalla ri-scoperta della propria umanità, infatti , parte il sentiero che conduce all’incontro , alla condivisione, alla solidarietà, al rispetto… tutto ciò che restituisce respiro, forza e voce al diritto dei popoli e dell’uomo.

“ E’ il momento di uscire allo scoperto – scrive nel suo sempre attuale “Lettere contro la guerra” -.  E’ il momento di impegnarsi per i valori in cui si crede.

Una civiltà si rafforza con la sua determinazione morale molto più che con nuove armi.

Soprattutto dobbiamo fermarci, prenderci tempo per riflettere, per stare in silenzio.  Spesso ci sentiamo angosciati dalla vita che facciamo, come l’uomo che scappa impaurito dalla sua ombra e dal rimbombare dei suoi passi.

Più corre, più vede la sua ombra stargli dietro; più corre , più il rumore dei suoi passi si fa forte e lo turba, finché non si ferma e si siede all’ombra di un albero. Facciamo lo stesso .

Visti dal punto di vista del futuro, questi sono ancora i giorni in cui è possibile fare qualcosa.

Facciamolo. A volte ognuno per conto suo, a volte tutti insieme.

Questa è una buona occasione .  (…) Il cammino è lungo e tutto ancora da inventare. (…)Buon viaggio! Sia fuori che dentro.”.

 

Il mese di luglio mi parla di mio padre e di Tiziano Terzani.

Il mese di luglio mi parla e mi racconta la storia – bella – di due persone davvero molto, molto speciali.

Ed io, oggi, voglio dedicare loro cinque versi.

Vogliono essere un abbraccio. Un saluto tenerissimo...

 

Il pensiero

inzuppato di buono

danza parole chiare

ossigenando il cuore.

Ancora e ancora…GRAZIE!

 

 

 

 

Da Sonos e Contos Anno 1, numero 4, Settembre 2007

Mensile di musica, tradizione, cultura sarda ed eventi

Sentieri & parole

di Giuliano Marongiu

G. Marongiu , F. Satta e A. Catte

 

La città di Nuoro ha partorito tanti figli illustri. Il 16 settembre del 1919 è nato Franceschino Satta, "il poeta della solidarietà umana, dell’amicizia, dell’amore della natura come creazione divina, degli affetti familiari". A pochi anni dalla morte, sopraggiunta il 25 luglio del 2001, ne tracciamo il ricordo.

A FRANCESCHINO SATTA IL RICORDO

"Bae luna, allughemi sa bida. Bae luna, allughemi su coro; diat esser bellu, luna, inoche a morrer goi": con questi versi, in una notte di luglio, di qualche anno fa, la voce di Piero Marras si diffuse nel cielo soprastante dell’anfiteatro di Nuoro, rotta di dolore, carica di passione. Franceschino Satta, nel silenzio e all’improvviso, lucido ma provato dalla sofferenza che da un po’ di tempo ormai accompagnava le sue giornate, se n’era andato per sempre e da pochi istanti."E’ stato un poeta vero e accessibile ricorda il cantautore – aveva la capacità di descrivere Nuoro in modo in cui tutti vorrebbero che fosse e non è più. Sapeva raccontare. Respiravi nelle sue "visioni" il senso della protezione, le storie e le solidarietà dei vicinati di una volta. Qualcuno ha detto che quando un poeta se ne va, se ne vanno anche via mondi, memorie".

E’ vero, nei suoi versi si respirava la Nuoro più autentica.

A lui si devono le atmosfere più fluide dettate da una creatività intrisa di malinconia e sentimento, evocazioni elaborate con sofisticata ricerca di vocaboli e suggestioni antiche.

Alessandro Catte, tra i tanti direttori dei Cori di Nuoro che hanno armonizzato e reso fruibili sotto altre letture le poesie di Franceschino Satta, lo ricorda con gratitudine commossa: "Frequntavo la sua poesia ed ero incantato dalla forza dei contenuti e soprattutto dalle forme irregolari della sua esposizione. Credo di aver guadagnato la sua stima soprattutto quando ho musicato i versi straordinari di "Ispadas de sole", a suo dire il pezzo più amato: è stata quella un’impresa difficilissima poiché il lavoro era molto complicato, ma la soddisfazione di entrambi diventò commozione. Era un uomo buonissimo, uno spirito adolescenziale".

Ha indossato la passione della poesia affacciandosi alla vita: inizia a comporre ancora tredicenne, ma il suo primo volume "Cantos de amistade" viene pubblicato soltanto nel 1983, all’età di 64 anni. Seguono "Ispadas de sole" (nel 1992), con il quale vince il primo premio per la lirica al "Città di Ozieri" e "Incantos su prantu cubau".

Ho avuto la fortuna di conoscerlo.

Ero stato chiamato a presentare il Concerto di Natale nel 2000 dal Coro Ortobene, promotore dell’evento e interprete di alcune delle più belle poesie di Satta.

Una serata che ricordo magica, ricca di fascino e di suggestioni rimaste scolpite nel cuore e nella memoria.

Nell’annunciare l’esibizione di un canto costruito su una delle sue più belle poesie, spesi alcune parole per sottolineare la grandezza del poeta, ignaro del fatto che lui fosse presente: lo vidi venirmi incontro dal fondo della chiesa, leggermente chino e avvolto nel suo cappotto verde, custode di emozioni prima covate e vissute, poi regalate.

L’emozione, in quel momento, fu fortissima: tutti i presenti, tantissimi, si alzarono in piedi per applaudirlo.

Quasi un segnale, un saluto, forse un congedo.

Poco dopo, nella sacrestia, mi raccontò della sua amicizia con Antioco Casula "Montanaru", del suo amore per la poesia e per l’insegnamento. Mi inviò in regalo i suoi libri con dedica affettuosa.

L’ho sentito diverse volte per telefono, ma non l’ho più visto.

Nel cuore della figlia Rosalba, il ricordo più tenero: "Ha cantato la vita. E l’ha fatto in maniera straordinaria, con la coscienza tranquilla e l’intelligenza inquieta. E’ stato un grande privilegio esserle figlia: il dolore immenso per la sua morte non sarà mai grande come la gioia di averlo avuto come padre".

 

 

Rosalba Satta e Giuliano Marongiu

 

FRANCESCHINO SATTA  -  IL POETA, L'UOMO.

 

Nel ricordo di Antonio Strinna.

 

 

Già da sei anni Franceschino Satta non è più fra noi, almeno non fisicamente, sono anni però che continuano a vivere di lui, delle sue opere, dei suoi sguardi sereni; anni che continuano a brillare della sua poesia, letta e cantata, in ogni angolo della Sardegna e non solo. Nel cuore di tanta gente e di tanta musica sarda. Come “Ispadas de sole”, “Unu ballu pilicanu” e “Babbu nostru”. Risuonano ancora oggi, con i suoi versi, i suoi sentimenti, così forti e sinceri, insieme alla sua grande passione per la letteratura e per la sua comunità.

Ma fin dal 1995, quando da giurato del Premio delle Acli lessi la sua poesia “Accurzu a chelu”, quest'uomo mi diede la sensazione -attraverso i suoi versi- che già allora fosse in viaggio verso l'aldilà. Che in qualche modo, interiormente, si preparasse a guardare lontano, come in fondo guarda la poesia, la tradizione, il sole, la luna. Dunque, partendo da “Eliches e chercos, calabriche e nuches de recreu”, Franceschino Satta già osservava e considerava ogni cosa con un qualche distacco, come in trasparenza, di sicuro diversamente: “Chin sa luce immortale de s'immortale andare”.

Anche a  distanza di tanti anni, dopo quell'incontro alla cerimonia di premiazione, mi pare proprio di vederlo, silenzioso, quasi solenne, lassù: “In custu monte arcanu, accurzu a chelu”, dal quale poteva vedere -ormai nella filigrana della memoria- Nuoro e la Sardegna intera, senza però staccarsi dalla natura, dalle creature che lui tanto amava e alle quali spesso si ispirava: “Milli alipintas, milli rosinzolos cantan in coro eternas sinfonias”.

Così, quasi fatalmente, il ricordo di Franceschino Satta mi riporta all'anno precedente, alla poesia “Tra un'isbirgu e s'atteru”, e ancora alla sua amatissima infanzia “In sos montricos de sa pizzinnia”, come lui li definisce, montricos che la modernità ha contaminato e talvolta anche distrutto per far posto a nuove e insane abitudini, a continui abusi e volgari violenze. “Ube prima sos nuscos de s'amore s'isparghian serenos accasazande luches d'amistade, como b'hat rubos ch'abbelenan s'anima”.

 Ma il mio primo incontro con Franceschino Satta e con la sua poesia risale al 1993, in occasione della quinta edizione del Premio di poesia sarda delle Acli. Alla quale partecipò con “S'anima sentìa”, una poesia che mi fece particolare impressione. E anche lui. La sua figura carica di anni e di umane esperienze. Nella quale potevo  avvertite il respiro della gloria e insieme della solitudine. Così, ormai vecchio, il poeta sognava allora soprattutto una cosa: la libertà. La libertà della giovinezza. “Ah, su chelu fit mannu e manna sa gana de divertire”. E poi ancora, con dolcezza e candore, vibrando in tutti i suoi sentimenti: “Arcana pizzinnia, ite bellesa! Como sa fune est presa a sas loricas frittas de s'iberru”. Davvero traspare in questi versi tutta la sua innocenza, rivissuta con una amarezza che tuttavia non gli impedisce di godere, ancora una volta, di un tempo che per lui fu sereno e felice.

Accurzu a chelu, dicevo all'inizio, e non di meno accurzu a sa zente. E mi onora il fatto che durante quelle tre Premiazioni del Concorso di poesia sarda Acli -1993, 1994, 1995- lui sia stato anche accanto a me. Ho conosciuto e apprezzato la sua poesia e attraverso questa ho potuto apprezzarlo anche come uomo. Rileggendoli, potrei ascoltare i suoi versi come un canto profondo, così da percepire ancora la sua voce, la sua preziosa compagnia. Di poeta e di uomo.  

Questo ricordo mi è caro, davvero; per me e per moltissimi sardi è il ricordo di un padre.

 

 

Parola e suono, strumento di poeti che hanno fatto la storia dell’isola

 

di

Paolo Pillonca

 

Nei primi anni ottanta Gonario Pinna si apprestava ad inserire nella sua “Antologia” dei poeti nuoresi le due voci nuove barbaricine  balzate prepotentemente alla ribalta  del premio “Città di Ozieri” proprio in quegli

anni : Franceschino Satta  , che aveva vinto con “Ispadas de sole”, e Giovanni Piga, che si era imposto con “Su dubbiu  ’e s’anima”, in due distinte edizioni del certamen  poetico che da oltre mezzo secolo  si tiene nel capoluogo del Monte Acuto.

Mi chiamò al telefono in una mattina di fine primavera  chiedendomi di andarlo a trovare “si ti sibrat tempus  e si nd’intendes su disizu”.

Concordammo per quello stesso pomeriggio.

Andai come sempre volentieri a casa sua : dialogare con lui  nel suo studio o nel giardino  della casa paterna  che ancora non era diventato parco pubblico rappresentava per me  invariabilmente un piacere  dello spirito, una delle compagnie più piacevoli  che mi sia mai capitato di frequentare , un sottile diletto durato quasi dieci anni .

Quella volta Gonario Pinna  mi parlò della necessità di aggiornare il suo lavoro  sulla poesia nuorese , dell’importanza di quei poeti  e della grande influenza  che ebbero sulle generazioni successive , a cominciare da Pedru Mura.

L’ opera dell’insigne penalista barbaricino , scrittore e saggista, è parte fondamentale  dell’antologia  che sarà sabato in edicola  con il nostro giornale

( volume n. 21 della grande e fortunata enciclopedia della Sardegna)

(omissis)

(da “La Nuova Sardegna”  del 29 febbraio 2008)