Libri in vetrina

da "L'Ortobene" del 16 aprile 2006

 

Tiziano Terzani e il suo "La fine è il mio inizio"

 

www.tizianoterzani.com

 

Il libro di Tiziano Terzani "La fine è il mio inizio" , pubblicato postumo dalla Longanesi, è una dichiarazione d’amore alla vita e, contemporaneamente, il racconto del grande viaggio della vita dell’autore. Una vita assaporata , morsa , intensamente vissuta.

Averlo fra le mani risponde al bisogno del cuore e della mente di chi ha imparato a porgere l’orecchio per ascoltare la voce del mondo che vive oltre il cortile della propria casa.

Terzani , consapevole del fatto che il cammino terreno del suo corpo era giunto quasi al termine per un cancro che gli mordeva il ventre, nel preparasi a salpare "per il grande oceano di pace", regala al lettore, come ultimo saluto - grazie alla lunga conversazione col figlio Folco – "il centro di gioia che irradia in ogni direzione" e che, da tempo era dentro di lui.

Viene fuori, dalle pagine del libro, l’invito a cercare e a guardare più in là…per vivere sul serio, per riscoprire la magia della vita, il senso del divino. Nel rispondere a una domanda del figlio, afferma:

"Con la modernità , la magia retrocede ma rimane in qualche modo negli alberi, nelle foreste, nei tramonti…". "Chi regge tutta questa roba? Chi la tiene assieme?" "C’è questo essere cosmico e se per un attimo hai la folgorazione di appartenergli, dopo non hai più bisogno di altro." .

L’importanza , per lui anima zingara, del percorso e non della meta aleggia in ogni pagina e dappertutto si legge e si sente la necessità "dell’aspirare a una visione diversa del mondo", dove non ci sia spazio per la violenza perché , oggi più di ieri, "l’oscenità della capacità di distruggere dovrebbe far pensare tutti.".

La sollecitazione a pensare nuovo, a ripensare tutto è continuo : "…E se bisogna pensare nuovo – chiarisce -, bisogna pensare in grande, bisogna pensare senza pregiudizi, senza tutta quella zavorra di sciocchezze che oggi assordano i giovani e li rendono sempre più delusi e senza speranza.".

Ecco emergere la consapevolezza dell’inutilità della guerra -"che crea solo miseria , distruzione e morte" . "Il primo passo di ogni guerra – precisa l’autore –è la disumanizzazione del nemico .". Il nemico diventa così uomo senza diritti…ed allora tutto è possibile, perfino la tortura.

Terzani parla , fra le altre cose, della presenza a volte ingombrante della scienza che, nel corso della Storia, "ha preso gradualmente il posto della religione e che, se da un lato contribuisce enormemente a rendere la nostra vita più comoda, dall’altro ci toglie il cielo, perché con la pretesa di essere tutto, blocca ogni altra aspirazione .".

Il tempo da dedicare alla sosta e al silenzio per trovare l’idea nuova e per sentire il mistero, rimanda alla conversazione con la figlia : "Nell’abbraccio del mistero che c’è e non capiremo mai – sussurra Terzani – è compreso anche il mistero della morte.".

E ancora… l’importanza , nella vita di ciascuno, dello stupore:

"Mi piacerebbe vedere che i miei nipoti vivono in un mondo di cui si sorprendono, in cui c’è dovunque qualcosa di meraviglioso da osservare…".

Ricompare – dopo averla già incontrata nel suo "Un indovino mi disse" – l’immagine , bellissima ed evidentemente a lui molto cara , dell’isola "abitata da una tribù di poeti tenuti in serbo per quando, dopo il Medioevo del materialismo, l’umanità dovrà ricominciare a mettere altri valori nella propria esistenza". Tribù di poeti che , perciò, prima o poi, prenderà in mano le sorti del mondo , perché "l’uomo , ormai, è succube dell’economia", perché " non c’è soluzione quando tutti ripetono le stesse cose, senza neanche più quella carica ideologica che c’è stata nel passato".

E, di conseguenza, riaffiora chiaro e forte l’invito – molto presente anche nel suo precedente "Lettere contro la guerra" – "a una forma di spiritualità – che può essere chiamata anche religiosità - a cui la gente possa ricorrere, perché è una costante della storia umana, questo voler sapere cosa ci stiamo a fare nel mondo". E tutto ciò per giungere "al grande ripensamento, al grande risveglio ", alla necessità di porre il centro di sé fuori di sé, in mezzo alle creature, per dare un senso al "noi planetario" che ignora individualismi , egoismi , repressioni e guerre.

E infine, tenere sono le sue riflessioni sull’abbandono del suo corpo ("Ma io ci sarò. Ci sarò nell’aria…"), e pieno di poesia il suo incontro con la morte che sente vicino e che sarà "un appuntamento non con una signora vestita di nero con una falce che miete e che è sempre stata una visione dell’orrore", ma "un atteso appuntamento di quiete".

E così è accaduto, nel luglio del 2004, a questo straordinario , amatissimo "seminatore di bei ricordi", di gioia traboccante e di Pace.

 

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