Abbiamo rotto tutto dentro
"Abbiamo rotto tutto dentro", ci ha ricordato, l’altro ieri, il poeta Tonino Guerra.
Deve essere drammaticamente vero, considerato il fatto che , ultimamente, ci si entusiasma per la storia di Silvio e Veronica e da "Porta a porta" a "Primo piano" si organizzano tavole più o meno rotonde per un bisogno – indotto- di capire fatti strettamente privati e poi parlarsi addosso ripercorrendo, in parallelo, la storia della "povera" principessa Diana e della giunonica stagista amante del presidente Clinton .
"Abbiamo rotto tutto dentro".
Deve essere vero se è possibile non indignarsi più di tanto quando un uomo muore a pochi metri da un ospedale perché "una gestione miope – come ci ricordava anni addietro Andrea Canevaro- fa del mansionario una trappola regressiva.".
Deve essere vera la riflessione del poeta.
Tutto , intorno, puzza di mediocrità. E noi ci siamo in mezzo, quasi lieti che si possa discutere all’infinito del "collo del piede" che manca a una ballerina della trasmissione "Amici" e non del fatto che dei ragazzi poco più che adolescenti vengano, dagli adulti schiavi dell’audience , aizzati a detestarsi per la conquista eventuale di un posticino al sole . E pensare che alcuni di noi, razza dannata di sognatori, pensavano, fino all’altro ieri, che le persone crescessero realmente quando crescevano anche dal punto di vista relazionale e non solo quando si è capaci di riprodurre con buona tecnica un balletto o una canzone.
Stiamo imparando – ci viene insegnato molto bene - a guardare dal buco della serratura senza sentirci dei guardoni , facendo finta di indignarci se la bella bruna senza freni inibitori decide di portarsi a letto il bel pompiere prima ancora che l’aitante giovane in cerca di gloria abbia varcato la soglia della casa del "Grande fratello".
Siamo quasi convinti - anche questo ci è stato insegnato molto bene – che la guerra diventa una necessità ( ed è perciò "buona cosa" anche quando a morire sono quasi esclusivamente i civili), quando la si fa per importare la nostra benedetta o maledetta democrazia.
Ci stiamo abituando alla morte e alle stragi in diretta o in differita , tra un piatto di pastasciutta e una fetta di prosciutto - senza che ci passi l’appetito – grazie a telegiornali che , facendo finta di rispettare la par condicio , raccontano opinioni di destra e di sinistra e , contemporaneamente, tacciono o sottintendono o nascondono i fatti.
Abbiamo scoperto che è possibile trovare l’uomo o la donna della nostra vita da fermi, cliccando sul computer o partecipando alla sempre presente trasmissione pomeridiana dove fusti di quartiere e signorine imbellettate fanno finta di parlare di sentimenti , mettendo a nudo, oltre i muscoli da palestrati, le gambe e l’ombelico, l’aridità del loro nulla e la loro disinvoltura nel darsi e nel riprendersi.
"Abbiamo rotto tutto dentro".
Ed allora ecco che tutto può accadere.
Può accadere – ma è il minino - che muoia definitivamente la sana indignazione ; la sola che può ancora consentire di urlare un "no" secco davanti al sopruso, all’inganno, alla menzogna, all’ingiustizia, alla mediocrità…
Può accadere che muoia … non solo perché il rischio di avvelenarsi l’anima, con danni alla salute, è conseguente , ma anche e soprattutto perché tanto le cose ormai vanno così e bisogna adeguarsi per stare dietro ai tempi.
Per non essere definiti dei bacchettoni, delle persone ferme ai valori di ieri.
Come se il rispetto conoscesse albe e tramonti.
Come se il valore e la tutela della vita – anche di una sola - cambi col mutare delle stagioni.
Come se il bisogno – che dovrebbe essere naturale - di entrare in sintonia con l’altro, di porsi , all’occorrenza, dalla parte di chi sta dall’altra parte per avere una visuale più ampia, sia un esercizio inutile o utile solo a chi non sa muoversi davanti alle telecamere, alle luci del palcoscenico o alle cineprese più o meno nascoste.
Stanno , stiamo , più o meno consapevolmente, creando un deserto emozionale con una evidente anestesia dei sentimenti che, quando non ci spinge a voltare egoisticamente la testa dall’altra parte , ci vede indifferenti, freddi, privi di quegli slanci capaci di scalare montagne per giungere e dare spazio e voce alla parte migliore di ognuno di noi.
Stiamo preparando , mattone su mattone, una società di persone sole, conflittuali, vuote… perché stiamo imparando a rompere sempre di più gli argini della decenza e a ragionare in prima persona.
Alcuni continuano a raccontarci – e probabilmente prima o poi, se non cambierà il vento, li ascolteremo tutti con la dovuta attenzione e ci adegueremo - che perfino invecchiare con le rughe verrà considerata una colpa.
In conclusione: cosa abbiamo , allora, da raccontare ai nostri figli, ai nostri alunni affinché non diventino contenitori vuoti o bulli di quartiere?
Ha ancora senso parlare di etica, di principi fondamentali, di pace?
E’ ancora possibile. Ed è urgente farlo. Non è , né sarà facile, perché i passi lievi dei costruttori di coscienze - che non sono pochi – corrono il rischio di essere sepolti dal chiasso assordante dei tromboni senza freni inibitori.
Ma è ancora possibile…
Rosalba Satta Ceriale