«Grazie a Teresa e Gino siamo tanti per la pace»


di

Rosalba Satta Ceriale

( pubblicato su "La Nuova Sardegna del  7/1/2003 )

 



Ho sempre pensato che la vita di ognuno di noi può tingersi ora d'azzurro, ora di nero, ora di chiaro-scuri più o meno sbiaditi. Gli incontri riusciti sono quelli che colorano d'azzurro il nostro cammino. I momenti intensamente e serenamente vissuti, come tutte le cose belle, hanno strascichi di luce e accompagnano nel tempo il nostro quotidiano. Ricorderò il Natale di quest'anno. E non a caso, visto che è stato annunciato dall'arrivo, in terra sarda, di Teresa e Gino Strada. Per quanto tempo ripenserò all'incontro? Per quanto tempo «berrò da quella fonte», per sentirmi più forte, per sentirmi migliore? Non lo so.
Ciò che so è che sono consapevole d'aver vissuto dei momenti straordinari fatti di condivisione con una folla - immensa - che sapeva di percorrere lo stesso sentiero di Gino e Teresa per raggiungere un obiettivo chiaro: la pace. E la pace, in questo nostro fragile pianeta - ci hanno ricordato Teresa e Gino - di certo, non può essere costruita con la guerra. Punto. Talmente semplice da sembrare banale. Talmente semplice e vero che il dirlo e il ricordarlo costringe ancora oggi gli adepti del «signorsì all'assurdo» del potente di turno, a lunghi e tortuosi ragionamenti che sempre conducono, inevitabilmente, alla giustificazione della «violenza necessaria» che diventa - guarda caso - sinonimo di giustizia.
Ma si può? Per dare la caccia a Osama Bin Laden - ancora uccel di bosco - si è bombardata, per un tempo infinito, una terra martoriata da sempre dalle voglie economiche e strategiche di tutti: rossi, bianchi e gialli. A morire sono stati soprattutto i civili? Perfino un Sofri risponde: «Si, va bè, morivano anche prima». Con quale pregnanza dialettica può essere portato avanti un ragionamento del genere? Una cosa è essere uccisi per mano di uno o più criminali, altra cosa è morire per mano di uno stato che pretende di essere uno stato di diritto, che sbandiera ai quattro venti la propria potenza e la propria civiltà. Bombardare un popolo, «mortificare» un territorio già mortificato, per rispondere ad un orrendo atto terroristico significa una sola cosa: macchiarsi del peggiore dei crimini e collocarsi allo stesso livello - se non più in basso - dei terroristi che seminano, appunto, il terrore per annientare, disorientare e raggiungere così i loro scopi. Chi semina terrore, ignora la morale, i diritti. Uno Stato civile, non può - e non deve - calpestare né la morale, né i diritti, in nessun caso.
Vogliamo comunque vedere - per rimanere nel presente, senza dover tirare pateticamente per il colletto i cadaveri di Hitler e Mussolini - che cosa c'era, appena l'altro ieri, dietro la guerra all'Afghanistan e, oggi, alla quasi certa guerra «preventiva» all'Iraq? L'oro nero. Tutto qui. L'ha urlato forte a Nuoro Gino Strada. L'ha urlato, forte, a Sassari sempre lui, con la rabbia pura di chi sa indignarsi e soffrire e battersi anche contro i giganti della politica e dell'economia, per contribuire a costruire un mondo a misura d'uomo: l'unico mondo possibile.
E' un discorso che continua, quello di Gino. Ieri era padre Ernesto Balducci a bussare alle nostre coscienze con la forza e la determinazione di chi non può stare a guardare l'immane ingiustizia e sofferenza e tragedia di un mondo che distribuisce a pochi togliendo a troppi il diritto ad una vita dignitosa. Ieri era padre Turoldo a mettere nelle sua azioni, nelle sue parole e nei suoi versi il pianto delle vittime del nostro egoismo.
Oggi, grazie anche al loro esempio di vita, siamo in tanti a dire NO alla guerra, NO all'ingiustizia, No alla morte voluta dall'uomo. Oggi Gino Strada - e, con lui, Tiziano Terzani, per citare un altro nome particolarmente forte e un magnifico esempio di vita - dà voce alla nostra voce. Ma noi ci siamo, gli siamo accanto e siamo in tanti. E tutti noi condiviamo la sua lotta perché è la nostra lotta. Ci rappresenta bene questo gigante buono capace di dar fiato e vigore - nonostante gli orrori visti e spesso ricuciti con la tenerezza di un padre - alla nostra parte migliore. Ci piace perché non è un eroe o un capopopolo. E' un uomo. Semplicemente un uomo.
Per questo la Sardegna gli si è stretta attorno ed ha saputo e voluto accoglierlo come uno dei suoi figli migliori. Gino e Teresa col loro arrivo in Sardegna, e con la loro prima sosta a Budoni, hanno voluto, innanzi tutto, dare una carezza - promessa da tempo - agli alunni frequentanti la quinta della scuola elementare di Budoni. Prima di andar via, i tanto attesi e amati amici di Emergency così hanno scritto: «Grazie di averci ospitato nella vostra classe. Capire la guerra è molto facile: questa mattina voi eravate in 23, proprio come i bambini bombardati nella loro scuola a Girobi. Quanta umanità fa perdere la guerra! Grazie di esserci. Gino e Teresa».