Domenica 25 giugno 1995

Ecatombe di bocciati, a Budoni , nella scuola media.

 

"Non calpestar le mammole"

 

Ad anno scolastico appena terminato, conosciuti i risultati finali della scuola dell’obbligo, mi torna in mente un’immagine: il monte Taigeto , nel quale venivano abbandonati e/o dal quale venivano buttati giù i bambini gracili e /o deformi.

Erano un impaccio ed un impiccio.

A distanza di tempo la storia si ripete.

Solo che a " buttar giù", ad accantonare, ad etichettare i bambini più deboli, più lenti, più bisognosi di cure e di attenzione, è la scuola.

Questa nostra nuova-vecchia scuola fatta, spesso, di apparenza.

Vado convincendomi che non bastano - né possono bastare - riforme e progetti più o meno sperimentali per far sì che possano essere percorse strade nuove e scoperti orizzonti più vasti.

Il vero mutamento deve avvenire all’interno di ogni insegnante. All’interno di ognuno di noi deve maturare la consapevolezza che la scuola - ambiente nel quale ogni giorno l’alunno trascorre dalle 5 alle 8 ore - deve essere un ambiente stimolante e sereno, nel quale devono nascere , maturare e irrobustirsi rapporti, scambi, dialoghi, valori.

Nel quale si cresce insieme.

"Non si è impegnato", "Avrebbe potuto fare di più", "E’ aggressivo ",

"E’ insofferente ", "E’ assente anche quando è presente", "Non risponde agli stimoli", "Non collabora"…

Chi, ad anno scolastico terminato, non si è mai servito del comodo alibi delle risposte standard per giustificare un fallimento?

Che fine hanno fatto le nostre responsabilità , che abbiamo riconosciuto perfino nelle considerazioni-premesse dei nostri progetti?

Riporto testualmente :" Lo star male degli alunni è indotto, talvolta, o incrementato dalla stessa scuola, la quale riversa su di essi tutte le responsabilità relative agli eventuali insuccessi, creando dei sensi di colpa e dei complessi di inferiorità che sovente si traducono in demotivazione, perdita di fiducia , senso di rifiuto da parte della scuola, comportamento scorretto, vera e propria devianza".

E ancora : "Di fatto l’operato dell’insegnante non viene mai messo in discussione e quando esso è – come di fatto è – il frutto di concezioni psicologiche e convinzioni metodologiche- didattiche errate - per non dire mancanza di preparazione e di professionalità - è su queste che occorre agire, non sull’allievo, bocciandolo ".

Tutto ciò l’abbiamo discusso e scritto all’inizio del percorso.

Giunge giugno e i "non ammessi " fioccano: uno, due, ventotto, solo alle scuole medie di Budoni.

Ma la "musica " è la stessa dovunque, quest’anno.

Pare quasi che un "abile" direttore d’orchestra abbia messo a disposizione un vecchio e ormai ingiallito spartito.

Cos’è che non ha funzionato?

Si è dimenticato, probabilmente , che l’ambiente, il clima scolastico lo determiniamo noi insegnanti , anche e soprattutto col nostro modo di porci e di proporci.

Quanti di noi hanno sentito parlare della politica dell’accoglienza?

La prima cosa che i bambini vedono, e perciò ricordano, è il nostro viso : quando c’è il sorriso e lo sguardo è rivolto all’altro, come per reazione chimica, nasce un composto.

Quando c’è solo il viso, e il sorriso e lo sguardo sono assenti…gli "elettroni" scappano, anche se continuano a girare, per inerzia , attorno a qualcosa.

" Non può esserci crescita senza comunicazione - ricorda testardamente don Ettore Cannavera – e la comunicazione è il prodotto di due fattori: il contenuto e la relazione. Quando trova spazio solo il contenuto è esatto parlare, nel migliore dei casi, di sedicente istruzione " , non di formazione, né, tanto meno , di rapporto che ricrea ".

"Chi va alla scuola di un grande maestro – scrive La Rocca - sa che si ricrea e, a sua volta , diviene, presto o tardi , capace di ricreare . Il responsabile della ricreazione altrui, sa che non sono le notizie trasmesse a ricreare, a dinamizzare, bensì i valori che, presenti attraverso le notizie e le tecniche, trovano immediata e attenta rispondenza ".

Le radici non si sviluppano bene quando il terreno non viene curato in modo adeguato; quando manca la luce, la pianta avvizzisce e muore. Quando, ancora tenera, la esponiamo alle intemperie, non ci si deve poi meravigliare se, passato il vento o la tempesta, la pianta non c’è più. O è spezzata.

Non ho mai confuso la scuola con un istituto di beneficenza.

Non sono così ingenua, né così sprovveduta.

So che è più umiliante promuovere il bambino avendogli dato poco o niente,piuttosto che fermarlo per dargli tempo.

Sono anche consapevole che la scuola non può - anche qualora al suo interno dovessero operare insegnanti da "attimo fuggente" - costruire in solitudine.

L’insuccesso di noi insegnanti – perché in una scuola dell’obbligo che boccia , di nostro insuccesso si tratta – deriva anche dal nostro isolamento, dal nostro , più o meno voluto , non andare oltre le pareti dell’aula e/o dell’edificio, dai rapporti non ancora maturi fra e con gli insegnanti degli altri ordini, da una continuità metodologico-didattica che esiste solo sulla carta, da un mancato coinvolgimento dei genitori e delle varie agenzie educative operanti nel territorio.

E allora se veramente e "deliberatamente vogliamo rinunciare

– così come si legge in uno dei nostri bei progetti – alla sicurezza che da la lezione tradizionale (che è non assunzione di responsabilità) , combattiamo,innanzi tutto pregiudizi, eliminiamo barriere e steccati.

Costruiamo un’alleanza educativa vera che veda, fra l’altro , l’amministrazione comunale come un supporto prezioso a cui rivolgersi per operare in positivo e in modo più incisivo. Diamo vita ad un programmazione unitaria.

Confrontiamoci non sull’asse verticale delle nostre presuntuose certezze, ma sull’orizzontale del bambino-alunno-uomo.

Cominciamo sempre – come suggeriscono don Milani, Mario Lodi, Bruno Ciari, Rosa Carini… - dal bambino e non dai programmi;incontriamoci con umiltà, con dignità e con entusiasmo per dare, per fare dei nostri ragazzi… degli assetati.

Di sogni e di idee.

"La scuola – ha affermato il professor Ugo Collu ad un recente corso di educazione alla salute – non deve fare altre cose rispetto alla prevenzione.

Sostanzialmente deve fare meglio quello che fa.

La dimensione della prevenzione si trova dentro il suo mandato educativo.Oggi che la tragedia di tante giovani vite bruciate ci interpella , la scuola è chiamata a riscoprire questa sua significanza che è la stessa ragione della sua esistenza , e a sfruttarla in tutto il suo potenziale ".

Un pedagogista latino, tempo fa, scrisse "Maxima debetur puero reverentia", "Al bambino si deve il massimo rispetto".

Don Salvator Bussu, tradusse liberamente la massima, e venne fuori un poetico e significativo "Non calpestar le mammole ".

 

Ins. Rosalba Satta Ceriale

Assessore alla P.I Comune di Budoni

 

 

Alice e il suo fratellino