La "guerra" di Gino Strada.

 

Ultimamente, ed in particolare dall’undici settembre,quando qualcuno, contrario all’utilizzo della guerra come mezzo per risolvere i conflitti , tenta di esporre le proprie ragioni e , per di più , azzarda un’analisi dei motivi che hanno scatenato , e continueranno a scatenare, atti criminali terroristici …quasi sempre viene tacciato di antimericanismo.

Nei casi più "fortunati" l’accusa più blanda ,ma non per questo meno severa ,è quella di avere le idee confuse… perché per tanti, oggi soprattutto, diventa inaccettabile l’idea che si possa scegliere di stare né con gli uni ,né con gli altri belligeranti, ma dalla parte dell’Uomo che subisce e soffre a causa della guerra..

Tutto ciò rientra nella "logica" autoritaria ed infantile del "chi non è con me è contro di me": affermazione categorica di chi, sentendosi in qualche modo minacciato e/o "padrone" di qualcuno o qualcosa, si convince di avere il potere di mettere il guinzaglio al pensiero.

Cercare le cause di un malessere non è un reato ; è , al contrario, doveroso e indispensabile quando si desidera capire per modificare in positivo.Altrimenti la logica "dell’occhio per occhio"porta ad un’unica ,ovvia, conclusione:la cecità di tutti. Io che cieca non sono mai stata e che , pur di essere presente, mi sforzo di camminare, all’occorrenza, anche in mezzo ai letamai , sforzandomi di sporcarmi il meno possibile, tento oggi, attraverso le pagine del giornale, di esporre il mio pensiero nella speranza che nasca un dialogo costruttivo :il solo che può dare origine a scelte motivate e razionali che, a mio parere, non possono, né devono risolversi nell’appagamento momentaneo dei peggiori istinti aggressivi.

Parto con un esempio. Togliere la droga a coloro che ne fanno uso e convincersi che così non si drogheranno più o, peggio, isolare e/o annientare i drogati… non significa affrontare e risolvere il problema ,ma sottrarsi all’obbligo , doveroso, di analizzare che cosa c’era prima della droga,all’interno di quel disagio che ha avuto bisogno della droga per manifestarsi.

Certo, il cammino è lungo e, a volte, si corre il rischio (ahinoi!) di scoprirsi invischiati a livello di responsabilità…ma è lì, nel disagio, che è necessario andare per indagare, per capire e per rimuovere la cause.

Un atto terroristico - qualsiasi atto terroristico - è la comunicazione di un qualcosa : "Io colpendoti voglio dirti che…". La persona che vive – o è convinta di vivere – dei forti disagi spirituali e/o materiali, più si sente sola e isolata e più sente il bisogno di dare forza, "significato" e risonanza alla sua voglia di devastazione nei confronti di un mondo che percepisce come nemico. Rispondere alla sua violenza – che è un atto di estrema debolezza- con altra violenza – che è ugualmente un atto di estrema debolezza - non risolve il problema ma , al contrario, aggrava la posizione e la situazione di tutti. E’ questo che vogliamo?

Che lo desiderino i terroristi è certo : piuttosto che accettare questo mondo,che percepiamo come nemico, lo distruggiamo.

Ma noi che amiamo definirci , e ci sentiamo, "esploratori dell’altra parte della luna", che crediamo- o diciamo di credere - nel valore dei sentimenti e nella forza della ragione …vogliamo la stessa cosa?!

Ma poi…siamo sinceramente convinti che la guerra risolva? Che esistano le guerre etiche?

Ci ha mai sfiorato il dubbio che siano delle misere risposte di comodo per le nostre coscienze addormentate, e che la voglia di "misurarsi con le armi" sia la risposta , meno efficace ma più immediata , alla voglia di espansione-esplosione della nostra aggressività che, in determinate circostanze - quelle che ci trovano impreparati - non riusciamo e/o non vogliamo controllare?

C’è un chirurgo " con le idee confuse" che arriva quando gli altri scappano. Si chiama Gino Strada. In questo periodo si trova a 80 Km da Kabul : è lì non per fare l’eroe o l’inviato di guerra, ma per cercare di porre rimedio ,per quanto gli è possibile, ai danni prodotti dalle guerre civili e non.

E da anni, in quei luoghi di sofferenza , porta avanti, col suo bisturi, la sua battaglia pacifista, la sua voglia di comunicazione e dialogo, nella convinzione che "le guerre, TUTTE le guerre sono un orrore", anche e soprattutto perché a morire – dati alla mano – è più del 90 per cento della popolazione civile.

"A me che traffico come posso con l’etica dell’ebraismo- scrive Moni Ovadia- Gino Strada ricorda i principi fondamentali dell’antropologia ebraica : noi tutti discendiamo da un solo uomo perché nessuno possa dire il mio progenitore è meglio del tuo. Ciò nonostante siamo tutti diversi l’uno dall’altro perché non siamo la semplice replica di un modello, ma un unicum insostituibile che per questo contiene in sé l’umanità tutta. Dunque, chi salva una vita, salva l’intero universo e così progetta la salvezza di tutti noi".

E’ ciò che fa ,oggi, Gino Strada, in Afganistan , a 80 Km da Kabul, in mezzo all’inferno di ieri - fatto di 11 milioni di mine antiuomo - e all’inferno di oggi - fatto di 11 milioni di mine antiuomo,di missili e "bombe intelligenti"-. Lontano dalla sua famiglia , che ama , e dalla sicurezza della sua casa…perché, come lui afferma nel suo stupendo "Pappagalli verdi", "non ci si può voltare dall’altra parte per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio".

 

Una classe di Rosalba