Dov’è l’uomo?

 

 

E’ notizia di oggi, 26 ottobre 2006.

Afghanistan. Alcuni soldati tedeschi giocano con un teschio umano e immortalano con alcune foto quegli attimi di svago. Una foto in particolare, deve averli divertiti non poco : quella che ritrae un soldato con il teschio accanto al suo pene.

Per un attimo, per comprendere meglio la gravità del fatto e sapendo di gettare sale nella ferita della mia anima ( e non solo), provo a immaginare – col giusto coinvolgimento emotivo – che quel teschio sia quello di mio fratello.

O di mia madre.

Non è forse vero che per comprendere le ragioni dell’altro è giusto sforzarsi di porsi dalla parte di chi sta dall’altra parte?

Non certo dalla parte di quei soldati che sarebbe azzardato definire "bestie", perché non appartiene alle bestie il cinismo umano.

Provo a pormi dalla parte di una ipotetica donna afgana che può pensare

– o sa! – che quel teschio era ieri il viso del figlio.

O del padre.

O di una persona amata …perché senza amore e compassione anche le situazioni più terribili rischiano di scivolarci addosso o di commuoverci quel tanto che basta per consentirci di guardarci allo specchio senza sputarci in faccia.

Che peso può avere – e lasciare – nell’anima, nel cuore, in ogni anfratto del nostro corpo, un’azione del genere?

E come e dove trovare le parole a volte liberatorie… per non rimanere nel baratro col cuore fracassato e poter raccontare la lacerazione di un dolore senza nome?

La guerra, ogni guerra, ha sempre partorito mostri.

E continuerà a farlo…perché è mostro essa stessa.

Non smetterò mai di ripeterlo.

Guantanamo è sempre lì… nonostante le nostre lamentele e la nostra indignazione a ricordarci che a livello internazionale contiamo quanto o poco più del due di picche .

Guantanamo è sempre lì a ricordarci che il diritto, e con esso l’umanità e la piethas,possono essere , all’occorrenza, calpestati dieci, cento, un milione di volte…per dare continuo ossigeno e forma sempre diversa a un mostro con varie teste e tentacoli.

Teste più o meno conosciute.

Teste che vomitano parole e pensieri terribili, mascherati sapientemente -da abili truccatori- in qualcosa di apparentemente positivo, addirittura necessario per la difesa e la "salvaguardia perpetua" di quei valori e di quei diritti che – guarda caso!- non vengono all’occorrenza riconosciuti né agli altri diversi da sé, né a noi che godiamo del privilegio di appartenere al mondo così detto "civile"…visto che assistiamo NON alla costruzione di un mondo migliore, ma al furto del futuro.

Si verifica, infatti, quotidianamente lo scippo dei progetti, dei desideri, dei sogni.

Nel suo ultimo bel libro, Enzo Biagi, così scrive :

" Solo un popolo che la guerra l’ha conosciuta , l’ha combattuta, può sapere qual è il vero valore della pace. Ma la politica il più delle volte, non è rappresentativa del comune pensiero.

Un iracheno – scrive sempre Biagi – confidò a Simona Torretta :- Un tempo, durante Saddam , non avevo la parola ma avevo dei sogni che mi portavano a pensare a un Iraq senza un dittatore. Oggi posso parlare ma non ho più sogni…".

"Quello che è più grave – è sempre Biagi a scrivere – è che il mondo si è abituato alla morte. La notizia di un attentato non fa più effetto, è parte della quotidianità.".

Oggi, 26 ottobre 2006, sono indignata come non mai.

Ho ancora davanti agli occhi un teschio e dei visi sorridenti di ragazzi in "missione di pace".

Ho davanti agli occhi l’orrore.

Ne sento il tanfo.

E che fanno i nostri rappresentanti politici mascherando, OGGI , di solidarietà la nostra incomprensibile partecipazione alle guerre di aggressione? Aumentano del tredici per cento la spesa per la difesa!

Oggi 26 ottobre 2006 non mi sento rappresentata da nessuno.

L’altro ieri ho seguito, con crescente partecipazione emotiva, lo sceneggiato sulla vita di Papa Luciani. Al termine…una sensazione di benessere, simile a quella di chi ritrova e riprende in mano la speranza. Simile a quella di chi rivede l’uomo capace di realizzare meraviglie.

L’uomo capace di affermare con la giusta indignazione – durante i disastri della seconda guerra mondiale – che "la guerra è il male assoluto", che "la guerra è la negazione di Cristo". E all’amico che in crisi religiosa gli domandava dove fosse Dio in quel periodo di morte, l’uomo Luciani rispondeva che la domanda , vera , da porsi era "dove fosse l’uomo". Quell’uomo che anche io oggi non scorgo, perché forse si è perduto…

O perché anche io- come il fratello iracheno- ho smesso di sognare.

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