Il 26 aprile del 1996 partecipai come poetessa –sempre invitata da Lisetta Bidoni – ad un convegno  che aveva come tema “Dalla parità alle pari opportunità : processi e percorsi”.

Da allora sono trascorsi circa sei anni.

Sei anni…

Ci riflettevo l’altro ieri, mentre pensavo a quale “taglio” dare a questo nostro incontro..

Ho riscoperto, per l’ennesima volta , la mia fragilità emotiva… nel ripensare al cammino percorso in questi ultimi sei anni , e avrei voluto spegnere pensieri e computer e “chiudere la porta a chiave”.

Non esserci oggi…

Se invece sono qui  è perché ho scelto, poi,  di “non mancare” ad un appuntamento che mi offrirà – ne sono certa - l’occasione di parlare poeticamente dei colori e del profumo della vita

E questo, nonostante la vita stessa mi abbia posto davanti, soprattutto in questi ultimi sei anni, a delle prove  terribili : quelle degli addii definitivi e della guerra.

Amare la vita “nonostante tutto” è terribilmente difficile, ed io sono convinta che ognuno di noi, per non “affogare” o perdersi, impara, deve imparare!, a cercare il proprio angolino,a  costruire  il proprio “riparo”.

Il mio riparo, la mia ciambella di salvataggio, la mia zattera, il mio “lenzuolino di Linus” è… la poesia. 

Con lei vado e vengo,  e ritorno, e riparto, e mi fermo dove voglio e con chi voglio… per riassaporare, riscoprire, riaccarezzare momenti che , “fermati” nei versi , non svaniranno mai … perché l’ indifferenza del tempo che scorre NON appartiene alla poesia.

Così come la poesia non conosce  gli addii definitivivo

 

a mio fratello  Paolo

 

 

Accanto alla tua foto

i semprevivi

hanno il giallo di sempre.

Così

la tua presenza

ha il calore di ieri.

Con gli occhi chiusi

riprendo

dal libro della vita

i momenti vissuti insieme a te.

Sono…sguardi vitali!

 Sono verdi fondali…

Orizzonti distesi.

Incontro di colori…

C’ è una pagina azzurra…

Cos’è stato?

Qualcuno dice che Dio ti ha regalato

un pezzo del Suo cielo…

Abbracciami più forte

Paolo amato!

Tu

che mi avvolgi ogni giorno

 nel tuo canto…

 Tu

che non mi hai mai lasciato.

Tu

che hai sempre tappezzato

di dolcezza infinita il tuo cammino…

 

“Non piangere perché qualcosa finisce- ci ricorda Garcia Marquez- sorridi perché è accaduta”.

 

        Perciò… eccomi qua ,più forte di ieri nonostante tutto , perché sono                 consapevole del fatto che- nonostante tutto - ho avuto- ed ho -  tanto dalla vita… come figlia, come moglie, come madre,come sorella…come cittadina. Come donna : che vuole esserci anche   nei momenti “no”…perché anche quando si cade e ci si fracassa l’anima è possibile rialzarsi e… - chi ci avrebbe mai creduto - anche volare!

 

Lo vedi anche tu

il volo del gabbiano

Sfiora

ora

le onde del mare.

E ora si tuffa nel cielo.

Tra realtà e sogno

talvolta

basta un battito d’ali.

Attraversare l’orizzonte è possibile…

 

 

8 marzo: festa della donna.

Certo, se guardo me e voi adesso , e penso al fatto che siamo state capaci di inventarci e  regalarci un’ occasione speciale – tutta nostra - per confrontarci e crescere ,senza provare troppa “nostalgia”  per il profumo del detersivo (tanto i piatti non hanno gambe e li ritroveremo , sporchi , al nostro ritorno) concludo…beh, è una bella idea.

Perché no?

E’ bello incontrarsi, conoscersi, rapportarsi per il piacere di farlo. Qua non si chiedono voti.Non bisogna dimostrare d’essere le più brave o le più intelligenti . Non ci sono sgambetti o colpi di tacchi a spillo in agguato…

Si potrebbe anche parlare – adesso ci provo – delle donne che non possono riunirsi, sorridere,studiare, curarsi…Donne che forse sono meno lontane di quanto si pensa, donne capaci di rendere sopportabili le nostre insopportabili sofferenze…perché le loro non hanno confini, non hanno nome…

 

 

Oggi l’anima piange…

Vedo sciami di schiene

curve

sotto il peso di croci.

L’ indifferenza soffia

gonfiando

ventri di bimbi

tracciando solchi su corpi

 ormai sfatti

di donne invecchiate da sempre.

E chi sa generare solo stracci di idee

-aborti di pensieri-

mastica qualunquismi surgelati

ereditati da sterili passati

fatti di “io” armati

culla dell’egoismo e del potere.

Oggi l’anima piange.

Vedo

martelli e chiodi

ferite nel costato

pianto di cielo

buio

e tutt’intorno

brandelli di rimorso…

 

 

 

Le donne afgane…Parlavo di loro , in classe ,ai miei alunni di quarta elementare. Avevamo letto e commentato le norme generali riguardanti le donne, stabilite dalla polizia religiosa.Norme che esordiscono con la seguente frase :

“Donne non dovete uscire dalle vostre case”.

Ho scritto una mezza frase alla lavagna:”Sotto il burqa c’è…” ed ho invitato gli alunni a concludere il pensiero. (E’ un piccolo seme di riflessione che butto ,sperando che, un domani , germogli…).

Ne ho messo insieme alcuni…

 

SOTTO IL BURQA C’E’…

 

un canto spezzato.

La voglia di un sorriso.

Una donna senza musica.

La volontà di vivere.

Un’anima sperduta.

Una lacrima infinita.

Uno sguardo in catene.

Un sogno…

 

 

Ricordo sempre ai miei alunni- ed a me stessa- che, per non arrendersi mai, è importante coltivare i sogni.

Per coltivarli è necessario averne almeno uno, grande tanto quanto la nostra voglia di crescere.

E ricordo loro che anche le utopie hanno diritto di cittadinanza nella nostra anima e  nel nostro cuore, e sono realizzabili solo quando si è capaci di sporgersi anche pochi centimetri  OLTRE l’orizzonte, oltre il visibile.

Lo terranno a mente? Continueranno a sognare anche da grandi? Troveranno nel loro cammino qualcosa in cui credere veramente, per la quale valga la pena battersi ?

A volte basta poco : uno straccio di pace!

Che ci vuole?!

Uno straccio di pace…quel tanto che basta per sedersi attorno ad un tavolo e discutere i problemi piccoli e grandi del nostro pianeta.

E’ questo, oggi più di ieri, il mio sogno…

 

 

UNO STRACCIO DI PACE

 

 

Nel mio sogno non c’è

l’arsura di denaro

la voglia di apparire

il diamante nel dito

l’accumulo di tutto…

Nel sogno di mio padre

nel mio sogno di madre

nel tuo sogno di figlio

c’è soltanto uno straccio.

Uno straccio di pace…

 

 

 

Credo d’appartenere ad una minoranza : quella che non è mai riuscita a  imbattersi in una “guerra etica”.

Sarà a causa della mia miopia, sarà perché sono fedele al messaggio evangelico, sarà perché le armi di oggi - “molto meglio” delle armi di ieri - sterminano innocenti, sarà perché trovo terribilmente vigliacco bombardare dal cielo macerie e capanne di fango  con dentro delle persone “colpevoli” soltanto d’essere nate lì e non altrove, sarà perché  condivido la seguente, stupenda riflessione di padre Ernesto

Balducci : “Il no di una coscienza sdegnata è una cosa straordinaria, come il si di una coscienza innamorata”.

Sarà per tutto questo… da tempi non sospetti (oltre vent’anni fa!), ho scritto questi versi che, purtroppo, continuano a “parlare” ancora oggi.

 

                          

   VOGLIA DI PACE

 

 

Anche in un mondo di sordi

io parlerei di pace.

Di una pace

che odora di partecipazione.

Che non sta a guardare

col cedevole sguardo da cane domato

nella frustrante attesa

di un osso o di una carezza.

Al bando il servilismo!

Il signorsì all’assurdo.

Il darsi agli altri per annullarsi:

baratto dell’ anima

elettroencefalogramma piatto

miseria morale

e sterco putrido di sterili pensieri.

Cedo la sedia a dondolo

ai giochi dei bimbi

e a chi ha voglia di invecchiare.

Io occupo lo sgabello più scomodo:

nel rizzarmi non sentirò fatica.

Ed alla pace

giungerò lottando

-con la mente e col cuore-

affidando

al vento che non muore

un sofferto eco di luce…

 

 

“A me che traffico come posso con l’etica dell’ebraismo- scrive Moni Ovadia nella prefazione del libro di Gino Strada , “Pappagalli verdi” – Gino Strada ricorda i principi fondamentali dell’antropologia ebraica :  tutti noi discendiamo da un solo uomo perché nessuno possa dire il mio progenitore è meglio del tuo.

Ciò nonostante siamo tutti diversi l’ uno dall’altro perché non siamo la semplice replica di un modello, ma un unicum insostituibile che per questo contiene in sé l’umanità tutta. Dunque, chi salva una vita, salva l’intero universo e così progetta la salvezza di tutti noi”.

E’ ciò che faceva ieri e continua a fare , oggi, Gino Strada…lontano dalla sua famiglia, che ama, e dalla sicurezza della sua casa…perché come lui afferma  non ci si può voltare dall’altra parte per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio”.

A lui guardo con attenzione e con infinita riconoscenza , ed a lui ho dedicato , fra le altre cose , questi quattro versi . Sono poca cosa…ma sono  un segnale preciso perché confermano la mia scelta di vita che è quella della solidarietà e della giustizia sociale.

E’ un acrostico

 

   A GINO STRADA

 

Guardo più in là…e ti vedo

immerso nel tuo dare.

Nella tua folle corsa

oggi ci sono anch’io…

                    

 

 

La speranza è un sogno fatto da svegli, scriveva Aristotele.

Ed io sono convinta che di speranza abbiamo bisogno, tutti… ed in particolare, oggi, le donne afgane. In un capitolo del libro “Afghanistan anno zero” del giornalista G.Chiesa e del vignettista Vauro, Zoira e Marian, due donne afgane, parlano del RAWA , nato in Afghanistan nel 1977. Il RAWA  nasce come movimento politico e come movimento di donne che lottavano – e lottano – per la loro emancipazione in una società dominata dagli uomini.

“Andiamo e veniamo dall’Afghanistan.Istituiamo scuole clandestine nelle case private, facciamo propaganda, organizziamo le donne”.

“Il burqa che ci hanno imposto come strumento di negazione e umiliazione, è il nostro passaporto. Con il burqa siamo tutte uguali ; alla frontiera non ci possono guardare in faccia e quindi non riescono ad identificarci. Sotto il burqa facciamo entrare libri e pubblicazioni. Ci vogliono come fantasmi? I fantasmi possono oltrepassare i muri, figuriamoci le frontiere!”.

“Davvero siete convinte – chiede Vauro- che la vostra azione possa qualcosa contro il potente intreccio di interessi che strangola

l’ Afghanistan, contro una condizione che trova radici in tradizioni secolari?”. 

“Se non fossimo certe che la situazione può cambiare, almeno per le future generazioni delle donne, non ci resterebbe che il suicidio”- concludono Zaira e Marian”.

 

Noi donne…

 

scaleremo il cielo.

Ci sarà d’aiuto il vento.

Andremo incontro ai sogni

lasciando a valle

fuochi di pensieri spenti.

Afferreremo la vita

riassaporando

odori intensi di miele.

E poi…

canteremo!

E inventeremo sorrisi d’aria pura.

Culleremo

il risveglio del mondo!

 

 

 

Utopia? Certo. Sempre Balducci - miope anche lui perché non riusciva a scorgere nessuna “eticità” nelle guerre di ieri e di oggi- affermava che “l’utopia è la coscienza che scappa fuori dagli ingranaggi per creare un orizzonte più degno”.

La mia scappa da sempre e cerca l’altro, perché da soli la scalata diventa impossibile. Insieme si può, insieme si deve. O meglio: SOLO insieme si può.

 

INSIEME

 

Fioriranno le idee

e dalle radici

gonfie di vita

nascerà la speranza.

Udremo il respiro del tempo

assaporando l’attesa del mattino.

Languirà la tristezza

denutrita da tanto.

Andremo avanti…insieme.

E insieme

rovisteremo il cielo

magicamente avvinte dall’ignoto.

Estenderemo

il sipario dell’anima.

La voglia di luce

ha occhi succosi di melograno!

Chi osa

oltre il buio dei fondali

ascolta

col timpano del cuore

note fresche di onde vergini.

 

 

La poesia che adesso leggerò l’ho scritta pensando ad una mamma straordinaria. Ma è dedicata anche  a tutte le mamme che, come la mia, hanno percorso il “sentiero” avanti a noi, per insegnarci a non aver paura…

 

 

 

STRAORDINARIAMENTE MADRE

 

 

Adesso che rinasci col mattino

non servono parole per riempire

teneramente il cuore.

Ora che ci accompagni col tuo sguardo

niente ci può far male.

Il tuo volerci bene…è qui

abbarbicato all’anima.

Sei adesso una carezza

ancorata all’ azzurro.

Nel respiro del cielo

nel suo battito in più

adesso tu…ci baci e ci sorridi.

 

 

 

Sono convinta , da sempre, che le parole degli altri abbiano una forza straordinaria: possono essere pugno o carezza. E quando sono carezza possono diventare terapia…A me è accaduto la vigilia di Natale di due anni addietro, quando ho ricevuto, come dono inatteso, il libro del pittore Tonino Ruiu; libro che conteneva anche alcune stupende poesie.

Ignoravo il fatto che Tonino Ruiu amasse esprimersi anche in versi e le ho lette , o meglio, le ho  bevute tutte  d’un fiato…perché di quello, in quel momento , avevo bisogno.

 E poi  le ho rilette ancora e ancora…

Ve ne “regalo” una oggi, perché  le sensazioni belle , quando sono condivise, acquistano uno spessore e una forza particolari.

E’ dedicata a una delle figure femminili più tenere della nostra vita : la nonna.

 

Quanta malinconia

fra i tegoli delle case.

Nel grigio degli astri freddi

rifulgono due lampade ad olio.

Nonna

c’era un profumo d’olio

sui tuoi capelli grigi.

I miei giochi infantili

sui cavallini di canne con criniere di nuvole

lenivano la tua tristezza.

Le tue mani bianche

accarezzavano i miei sogni.

E se dimessa piangevi

per i tuoi figli perduti nella bufera dei giorni

la luce del mio cielo

scioglieva d’incanto la tua nebbia autunnale.

Nonna

il tuo sorriso bianco

rischiara ancora la mia notte.

Ti rivedo accucciata

nel grande cammino spento

che accoglieva i tuoi figli

soffiare su vecchi rami odorosi d’ incenso

di muschio e di fuliggine.

Splendevano gli occhi grigi

alla luce della fiamma

nella cucina annerita.

La tua umile casa

chiusa nel silenzio

piena di spazi vuoti e di antiche voci spente

ricorda ancora il tuo pianto.

Nonna

il mio cuore scivola

nelle tue mani d’ambra.

 

 

 

Se dovessero chiedermi se mi “sento” più figlia, moglie o madre,senza esitare risponderei…figlia.

Sono nata figlia :  moglie e madre sono diventata per scelta.

Su quegli iniziali “mattoncini”, su quelle prime, importanti, relazioni ed esperienze cognitivo-relazionali, si è  posato ed inserito il dopo… ed è stato un dopo davvero generoso e appagante !

Perciò come figlia voglio concludere, anche perché tutte lo siamo , e le parole possono davvero arrivare a chiunque voglia accoglierle.

Sono dei versi dedicati a mio padre : una persona splendida, un padre-poeta che  poco  prima di andar via si scusava per il dolore che la sua “assenza” avrebbe provocato in me , ma che sapeva , con certezza, che l’avrei cantato,sempre.

 

A UN PADRE POETA.

 

 

Se dovessi dipingerti

non farei il tuo ritratto.

Disegnerei il tepore

d’un abbraccio d’amore

il sorriso d’un saggio

le note

della più dolce e eterna sinfonia.

E vedrei te…

Il tuo viso.

Il tuo sorriso.

Te

che desti

che hai dato

e sempre dai

senza arraffare mai

…neanche l’affetto!

Tu non sei come gli altri.

Tu sei…di più!

Sei grande:

sei poeta.

Musicista dell’anima

scultore di parole

cantore “de sentimentos limpidos d’incantu”

di sogni

di chimere

di fresche primavere

di “mill’arcos de chelu”.

Tu sei di più:

sei grande.

Sei poeta!

 

 

A presto! Spero di non avervi annoiato…Mi piace pensare che anche per voi il tempo dedicato alla poesia non sia tempo sottratto alla vita ma tempo in più. Grazie.